Unabomber, la caccia è finita: dalla perizia nessuna corrispondenza con un profilo genetico

Il «corposissimo» lavoro condotto dai periti Giampietro Lago ed Elena Pilli non ha fornito gli esiti sperati: il Dna dei reperti non è compatibile con nessuno degli indagati né di altre persone conosciute

Antonio Bacci
Lo scoppio del pennarello sul greto del Piave a Ponte di Piave
Lo scoppio del pennarello sul greto del Piave a Ponte di Piave

Se è ancora vivo starà esultando, Dio solo sa dove.

L’ultima beffa di Unabomber ai danni dello Stato si è consumata nel pomeriggio di ieri. Online, come questa epoca storica impone.

Giampietro Lago ed Elena Pilli, consulenti del gip di Trieste Flavia Mangiante, hanno comunicato ai periti della difesa e delle parti civili che il Dna dell’attentatore, ricavato dai reperti sottoposti alle loro analisi, non corrisponde a quello degli undici indagati nell’inchiesta bis. Né a quello di ulteriori persone fisiche dal profilo genetico disponibile.

Caccia finita. Due parole e due anni e mezzo per pronunciarle. Per alzare bandiera bianca di fronte all’attentatore che dal 1994 al 1996 e dal 2000 al 2006 ha disseminato di trappole esplosive il Nord Est.

Sospiro di sollievo per Elvo Zornitta, l’ingegnere di Corva di Azzano Decimo processato, prosciolto, nuovamente indagato e ora scagionato, il fratello Galiano, 72 anni, residente a Belluno, i gemelli Lorenzo e Luigi Benedetti, 54 anni, di Sacile (Lorenzo risiede a Orsago), i fratelli Claudio e Dario Bulocchi, 72 e 62 anni, di Fontanafredda, Luigi Favretto, 75 anni, di Tarcento, Angelo La Sala, 76 anni, napoletano residente a Lestans di Sequals, Cristiano Martelli, 61 anni, di Azzano Decimo, Fausto Giovanni Muzzin, 67 anni, di Casarsa e Luigi Pilloni, 62 anni, cagliaritano residente a Gaiarine dopo aver abitato a Brugnera.

Una dodicesima persona è deceduta nell’attesa di una risposta.

Dieci i reperti analizzati dai periti: tre formazioni pilifere del 2000 (bomboletta di stelle filanti al Carnevale di San Vito al Tagliamento, uovo al Continente di Portogruaro e tubo in un vigneto a San Stino di Livenza), due nastri isolanti, sempre del 2000 (confezioni di salsa di pomodoro del Continente e di maionese a Roveredo in Piano), impronte in tribunale a Pordenone nel 2003, l’inginocchiatoio di Portogruaro del 2004, la scatoletta di sgombro inviata dalle suore di Concordia Sagittaria alle consorelle in Romania e rinvenuta nel 2005 con dentro un ordigno inesploso, il congegno sotto il sellino di una bici di Portogruaro nel 2005 e una bottiglia di Coca Cola nel 2007.

I prossimi passaggi saranno il deposito della corposa perizia, con una montagna di allegati, entro questo giovedì, e l’udienza già fissata per il 20 ottobre, in cui anche a questa seconda inchiesta sarà messa definitivamente la parola fine. Restano insoluti tutti gli interrogativi di questi anni. Unabomber ha sempre agito da solo o, vista la diversa tipologia di ordigni nelle diverse fasi, gli attentatori sono stati più d’uno?

Cosa dedurre dal fatto che, specie nella fase iniziale, abbia colpito nei giorni di festa o nei luoghi di aggregazione di persone, dalle sagre a spiagge, chiese, supermercati, cimiteri?

Sono stati presi di mira bambini, specie con i congegni nelle confezioni di bolle di sapone e di Nutella. Perché? Per ottenere all’improvviso mediaticità?

Chi era in grado di conoscere ed eludere la strategia degli investigatori, evitare le telecamere in tribunale a Pordenone, sapere quando le forze speciali, inviate dopo ogni esplosione, rientravano nelle città d’origine, e dunque era il momento propizio per colpire ancora?

E’ stato un caso che gli attentati, pianificati e avvenuti in province diverse, per quanto sempre sul territorio del Nord Est, abbiano determinato passaggi di consegne, conflitti di competenze e spesso gelosie tra le Procure di Pordenone, Udine, Treviso, Venezia e Trieste, con in mezzo la creazione di un Pool alla fine smembrato?

Una risposta ufficiale, a 31 anni dalla prima detonazione, ancora non c’è e tutti gli attentati meno uno, quello della bottiglia esplosiva a Caorle, commesso nel maggio 2006, sono finiti in prescrizione.

La giornata di ieri si è chiusa con lo sconsolante bilancio di una monumentale inchiesta che ha bruciato una quantità smisurata di uomini e risorse arrivando a portare alla sbarra un uomo, Zornitta, a proscioglierlo, a indagarlo nuovamente dopo tredici anni insieme a un’altra decina di persone, a scagionare tutti quanti e a produrre come unica condanna, da consegnare alla storia, quella di un poliziotto accusato di aver falsificato una prova a carico del principale sospettato.

Già. Unabomber ha proprio di che esultare. 

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