Slow Food, con le Cop problemi irrisolti, serve rivoluzione

Nappini: "Non è sacrificare il benessere, è il contrario"

(ANSA) - TORINO, 21 NOV - "Cop dopo Cop i problemi rimangono irrisolti, perché a rimanere invariati sono i presupposti attorno ai quali i potenti della Terra si siedono per discutere. Nonostante gli appelli di scienziati e studiosi, che da anni spiegano che all'origine della crisi climatica vi sono le emissioni di gas climalteranti dovute alle attività umane, nessuno mette in discussione il sistema produttivo che genera tutti questi problemi e non si vuole affrontare il problema alla radice, cioè un sistema economico basato sul consumo e sullo spreco delle risorse naturali, dominato dalla ricerca del profitto e causa di profonde ingiustizie sociali". A dirlo è Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia "L'annunciato fallimento della Cop30 di Belem - continua Nappini - è l'ennesima occasione persa. Non saranno solo le innovazioni tecnologiche a salvarci, perché spetta all'essere umano scegliere modelli di sviluppo compatibili con la vita sulla Terra. Non si tratta di sacrificare il benessere, ma esattamente del contrario: occorre mettere al centro la salute, la nostra, quella degli altri esseri viventi, quella del pianeta nel suo complesso. Serve una rivoluzione, una rivoluzione gioiosa". "I sistemi alimentari - aggiunge Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia -, rappresentano un esempio lampante di ciò che oggi non funziona: si produce cibo a basso costo e di scarsa qualità, consumando risorse e generando spreco. Dall'altra parte dell'Oceano la foresta amazzonica sparisce per far spazio ai campi dove coltivare soia e mais ogm per i nostri allevamenti industriali. Nel mondo, oggi, il cibo inquina e ammala, anziché sfamare e curare: colpa di sistemi alimentari dominati dalla logica dell'industria e del profitto". "Intanto nei salotti dove si dovrebbe discutere di lotta alla crisi climatica - Cop30 compresa -, spopolano i lobbisti dei settori agricoli e zootecnici - aggiunge Slow Food -, oltre a quelli dei combustibili fossili. A Belem, spiega la coalizione Kick Big Polluters Out (Kbpo) che riunisce oltre 450 organizzazioni ambientaliste, ci sono circa 1.600 lobbisti del settore dei combustibili fossili, quasi il doppio del numero dei delegati". "Ripartiamo dal cibo - conclude Serena Milano -, da ciò che portiamo in tavola, scegliendo alimenti prodotti senza inquinare la terra, senza impoverire il suolo, senza sprecare acqua. Acquistiamo meno, ma meglio". (ANSA).

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