Dominique Sanda, 'con Vita mia sono tornata nel passato'

(ANSA) - TORINO, 26 NOV - "Amo viaggiare nel tempo. Questo film mi ha permesso di tornare nel passato con la memoria. La vita è così breve, bella e misteriosa, e io voglio viverla fino in fondo. Voglio conoscere gli altri, fare cadere le maschere, cercare la verità". Dominique Sanda è al Torino Film Festival, per presentare, nella sezione Zibaldone, Vita mia, il nuovo film di Edoardo Winspeare. Con lei, oltre al regista, ci sono Celeste Casciaro, Ninni Bruschetta, Ignazio Oliva. "Non ho mai lasciato il cinema italiano. Amo l'Italia e l'Italia mi ama. C'è un rapporto d'amore e l'amore è il legame più forte" spiega l'attrice francese che considera il suo più grande maestro Bresson, ma ricorda anche i registi italiani come De Sica e Bertolucci "personaggi straordinari, meravigliosi, che mi hanno aiutato a crescere". Winspeare spiega perché ha scelto come protagoniste la moglie Celeste Casciano ("è bellissima, buona, una santa") e Dominique Sanda che definisce "una grande attrice, stupenda, la gran signora europea. Ha fierezza, orgoglio, curiosità, caratteristiche che non si trovano sempre nei francesi, sono più mitteleuropee". "L'idea di Vita mia - racconta il regista - mi è venuta osservando, negli ultimi anni, il rapporto che mia madre, malata di Parkinson, ha sviluppato con una signora salentina che si è presa cura di lei. È passata da un iniziale sentimento di frustrazione e rabbia per il suo stato di salute, a uno di tenerezza quasi materna verso questa donna semplice, intelligente e molto buona. La mia esperienza personale mi ha spinto a scrivere una storia di fantasia che, tuttavia, presenta molti punti in comune con quella reale, soprattutto per quanto riguarda l'ambiente familiare, l'esperienza della malattia e il rapporto tra le due protagoniste. Tuttavia, il film non è solo il racconto di un'esperienza umana, ma anche un pretesto per riflettere sull'Europa. La piccola storia di Didi e Vita diventa metafora della grande Storia d'Europa". Il film ha un impianto realistico, ma c'è anche una dimensione onirica: "mi interessava l'onirico - spiega Winspeare - perché per mia mamma la realtà era quella che vedeva lei, si stupiva che noi non vedessimo le stesse cose. Io volevo raccontare quella dimensione psicologica". (ANSA).
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