Diga non realizzata, contestato danno erariale per 259 milioni

(ANSA) - CATANZARO, 22 MAG - Un'opera pubblica strategica per la Calabria che non sarà più realizzata. Un finanziamento di 259.735.539 milioni di euro concesso dalla Cassa per il Mezzogiorno e, successivamente, dai ministeri dell'Ambiente e delle Infrastrutture irrimediabilmente perso in quanto integralmente revocato e, nel frattempo, 102.602.269 spesi in un impiego inutile di risorse pubbliche e per un'opera mai più realizzabile. Impiego, peraltro, ritenuto dannoso visto il danno ambientale permanente provocato dai manufatti realizzati con l'uso di svariate tonnellate di cemento armato che deturpano zone di altissimo pregio ambientale. È questa la contestazione fatta dalla Procura della Corte dei conti di Catanzaro al "Consorzio di bonifica ionio-catanzarese" (già Consorzio di Bonifica Alli - Punta di Copanello) nonché, in solido, ai due dirigenti pro tempore, il responsabile unico del procedimento dal 2003 al 2015 Pietro Filippa e il direttore generale del Consorzio dal 1998 al 2014 Flavio Alfredo Talarico. La citazione giunge a conclusione di una indagine coordinata dal procuratore regionale Romeo Ermenegildo Palma e compiuta dal sostituto procuratore generale Fernando Gallone con il contributo investigativo dei militari della Guardia di finanza di Catanzaro. I fatti riguardano lo sbarramento artificiale sul fiume Melito e la mancata realizzazione della diga che sarebbe dovuta sorgere tra i comuni di Gimigliano, Sorbo San Basile e Fossato Serralta, nel catanzarese. Le indagini dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro avrebbero accertato che fin dalla consegna dei lavori è stata contestata dagli organi tecnici del ministero della Infrastrutture - Servizio Italiano Dighe, la carenza del progetto iniziale e la necessità di operare importanti integrazioni per assicurare la tenuta dell'invaso, altrimenti pericoloso per le popolazioni a valle. Integrazione che, sebbene realizzata dallo stesso progettista responsabile dell'originario progetto (poi deceduto) non è mai stata ritenuta idonea a superare i problemi di sicurezza. Al contempo i costi, nelle more di numerosi contenziosi con l'impresa aggiudicataria, continuavano a crescere fino a raggiungere la cifra di 102 milioni di euro per un'opera ritenuta già allora non realizzabile perché priva delle autorizzazioni. Oltre al danno erariale, le indagini della Guardia di finanza avrebbero evidenziato anche altri effetti negativi: l'infrastruttura, inserita nel programma di opere strategiche per la Calabria avrebbe dovuto costituire uno dei più grandi interventi idrici nel panorama nazionale, che avrebbe risolto l'annosa questione della carenza d'acqua per mezzo milione di calabresi e per centinaia di aziende agricole, ciclicamente interessate da fenomeni di siccità e consentito la produzione di energia idroelettrica in grado di soddisfare le esigenze di circa cinquanta comuni posti a valle dell'invaso. (ANSA).
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