«Nelle parabole sono racchiuse le verità universali»

Anche se non lo dice, la Giuria l’ha scelto a maggioranza: ed è diventato il Leone condiviso da tutti i suoi membri, che hanno difeso pubblicamente la scelta: “The Shape of Water” ha portato a...
Mexican director Guillermo Del Toro on red carpet during the awarding ceremony of the 74th annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 09 September 2017. The festival runs from 30 August to 09 September. ANSA/ETTORE FERRARI
Mexican director Guillermo Del Toro on red carpet during the awarding ceremony of the 74th annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 09 September 2017. The festival runs from 30 August to 09 September. ANSA/ETTORE FERRARI
Anche se non lo dice, la Giuria l’ha scelto a maggioranza: ed è diventato il Leone condiviso da tutti i suoi membri, che hanno difeso pubblicamente la scelta: “The Shape of Water” ha portato a Guillermo Del Toro il primo Leone d’oro messicano della storia della Mostra. Del Toro dice che con questo film ha preso dei rischi nuovi rispetto alle sue esperienze precedenti, caratterizzate da romanzi, come la trilogia “vampiresca” di “Nocturna”, e dieci film, tra cui “Il labirinto del fauno”. Il suo genere preferito sono i mostri: potrebbe sembrargli inusuale che un grande festival come la Mostra di Venezia dia il suo premio più importante a un genere come questo. Del Toro va oltre: «Voi parlate ancora di generi, ma ormai siamo arrivati a un punto in cui questo genere è entrato nel mood della ragione umana, credo sia tempo di capire che non si possono legittimare solo certi tipi di film. Una delle forme più antiche di diffusione delle idee sono le parabole. Anche se ti racconto una storia collocata in un tempo fantastico parlo al momento attuale. Le favole permettono alle persone di arrivare alle verità universali. Qualsiasi tipo di film fatto con intelligenza, amore e passione ha un suo preciso valore».


Questo Leone, per lui, «è un atto d’amore, un incoraggiamento necessario che giunge dopo 25 anni di lavoro. Una carriera è un accidente visto in slow motion, fatto di crescite e crolli, adesso sono in una fase di airbag. D’altra parte io ammiro soprattutto Hitchcock e Bunuel, che hanno molti elementi in comune con me». Agli Oscar non pensa, non ancora: «Se in futuro verrà qualcosa in termini di premi, bene, ma ripeto questo è un atto d’amore, non dobbiamo fare un film per vincere un Oscar, noi dobbiamo mantenere la purezza anche se il film viene fischiato, alla fine tutto quello che resta di noi è il lavoro che abbiamo fatto».
(mi. go.)


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