Lo “Spirito delle Tre Cime” compirà cento anni venerdì
AURONZO. Un dialogo tra l’opera dell’uomo e quella della natura sovrastante, entrambe dilavate e scalfite dal tempo, in cui la nostra stessa storia sembra metabolizzarsi in un’unica tragica visione. Il cemento dell’“Angelo Guerriero”, o più esattamente dello “Spirito della Montagna” come lo battezzò il suo autore, da un secolo s’accampa fiero sullo sfondo delle Tre Cime. Voluto per alludere a una superiorità fisica e morale del nostro esercito sul nemico e sulla morte, oggi sembra incastonarsi in un contesto più pacifico ed “ecumenico”, pronto a ricordarci solo la grandiosità della lotta quassù inscenata dall’uomo per più di due anni, indipendentemente dalla sua bandiera o divisa. Era il 1916 allorché Vittorio Morelli, nato ad Ancona nel 1886, chiamato alle armi tra i bersaglieri, ricevette l’incarico di realizzare un monumento ai bersaglieri caduti dell’8° Reggimento nei pressi dei Piani di Lavaredo. Egli era già un apprezzato scultore, noto soprattutto per alcuni lavori in edifici pubblici e privati di Roma ed Ancona, in cui dimostrava gusti eclettici, dal purismo accademico al simbolismo e al liberty. Partecipò pure, col grado di Maggiore, alla seconda guerra mondiale sul fronte africano, finendo prigioniero ad Algeri. Morì nel 1968 ad Ancona, dove tra l’altro fuse in bronzo il primo monumento italiano a Pinocchio. L’opera di Lavaredo, inaugurata l’11 novembre 1916, venne restaurata nel 1968 e poi ancora nel 2002, per impulso del Gen. Edgardo Pisani. (w.m.)
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