L’eremo di San Donato salvato dal degrado dalla gente di Ronchena

LENTIAI. Poco lontano dal centro di Lentiai si trova il secondo scrigno di meraviglie che il Fai ha deciso di schiudere per il piacere e la conoscenza dei cittadini. L’eremo di San Donato è una chiesetta di cui si trova traccia in documenti del 1529, ma che risale ad un’epoca ancora più antica. Negli anni in cui era vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani si recò in visita al piccolo eremo, che fa riferimento proprio alla diocesi trevigiana, restando allibito del totale stato di degrado della piccola struttura che si presentava abbandonata e a rischio crollo per via del terreno instabile sul quale fu costruito. Da quel momento, grazie all’opera del comitato di Ronchena, della famiglia Burlon e del parroco don Luca, che si sono occupati e si occupano della gestione del sito, la chiesetta ha vissuto una graduale rinascita, fino al grande restauro avvenuto tra il 2006 e il 2011 ad opera della Sovraintendenza.

Il sito è stato presentato ai visitatori dagli studenti del liceo Renier di Belluno, assieme ad altri giovani volontari del Fai, che hanno svelato alcuni segreti della piccola chiesetta, legati soprattutto alle recenti ricerche portate avanti dalla professoressa dello stesso Renier, Paola Brunello: «Da alcune ricerche che ho svolto per completare il corso di operatore del turismo religioso indetto dalle diocesi di Belluno-Feltre e di Vittorio Veneto», spiega la professoressa, «è nata una nuova interpretazione di alcuni affreschi che si trovano all’interno della chiesetta». In particolare nella sua tesi intitolata “Chiesa ed eremo di San Donato. Una perla di spiritualità”, la professoressa Brunello propone una nuova lettura di due opere del Seicento raffiguranti due santi che fino a oggi venivano indicati come San Bernardo e Sant’Antonio da Padova. «Attraverso una piccola iscrizione posta tra i due santi ho cominciato un lavoro d’archivio che ha fatto emergere alcuni dati inediti riguardanti i due personaggi affrescati che sarebbero in realtà Sant’Alberto degli Abati e Sant’Agostino».
Proprio la professoressa Brunello si è occupata della preparazione dei ragazzi in vista delle due giornate di apertura del sito: «Per me è stato un vero e proprio passaggio di testimone», spiega, «trasmettere ai miei studenti alcune nozioni sulle quali ho lavorato è stato molto appagante e i ragazzi sono stati bravissimi nel presentarle al pubblico».
Su questa recente ricerca e sulla vita degli eremiti si sono incentrate le domande dei visitatori, che hanno seguito con curiosità le spiegazioni degli apprendisti Ciceroni del Renier: «È un luogo molto suggestivo che in molti non conoscono», spiega Casian della quarta C linguistico, «faccio parte del gruppo giovani del Fai da alcuni anni e non è la prima volta che mi occupo di guidare i visitatori sui siti, è un compito che svolgiamo con grande passione e che ci permette di imparare molto sul territorio in cui viviamo».
Altre due guide della quarta C linguistico del Renier che hanno partecipato alla prima delle due giornate di primavera all’eremo di San Donato, Valentina De Villa e Ivàn Cabilla, hanno vissuto, invece, per la prima volta l’esperienza da guide: «È stata un’esperienza costruttiva e la cosa più interessante per noi è stata poter valorizzare un luogo così importante per il territorio. L’unica domanda a cui non sapevamo rispondere» confessano i ragazzi «riguardava i reliquiari che sono stati messi sull’altare solo di recente, per fortuna la professoressa Brunello è intervenuta al momento giusto per toglierci d’impaccio». Presente sul sito anche il consigliere comunale e delegato Fai, Raffaele Addamiano: «La gente ha sete di cultura e queste giornate permettono un’educazione civica nel senso più alto del termine».(f.r.)
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