L’alpino bellunese sepolto a Rovereto

ROVERETO. Prima è rimasto sepolto per cento anni tra le pietraie del Sasso di Costabella. Poi le sue ossa sono state ritrovate due anni fa da un appassionato trentino di storia locale, Livio Defrancesco che da una vita percorre le montagne della Grande Guerra.
Quindi per due anni i poveri resti sono rimasti nella caserma dei carabinieri di Moena, in attesa dei tempi della burocrazia. Finalmente ora le spoglie di un alpino bellunese appartenente alla 206esima compagnia Val Cordevole del 7° Reggimento alpini hanno trovato una sepoltura.
Il lungo percorso per la sua tumulazione si è concluso l’altro ieri all’Ossario di Castel Dante a Rovereto. Con una cerimonia che il ragazzo di allora avrebbe certamente fatto fatica a capire. Tre inni e tre bandiere salite in cielo: quella italiana, quella austriaca e quella europea. Forse le divise avrebbe riconosciuto, visto che dall’Austria è scesa una foltissima delegazione della Croce Nera in tenuta storica. E i cappelli da alpino della trentina di gruppi Ana rappresentati.
I discorsi ufficiali sono stati tenuti dal sindaco di Rovereto Francesco Valduga, dal presidente della Provincia di Trento Ugo Rossi e dal sottosegretario alla difesa Domenico Rossi. Tutti centrati sull’importanza della memoria ma anche sul valore di riconciliazione che un secolo dopo cerimonie come questa possono e devono assumere. Per questo le tre bandiere, i tre inni. Un momento di pietà che accomuna nel ricordo dei dolori che quella guerra ha portato a tutte le parti del conflitto. Un dolore comune che oggi è base per una nuova stagione di collaborazione e fraternità.
«È una grande emozione essere qui oggi sotto queste tre bandiere; italiana, austriaca ed europea – ha detto il presidente della Provincia Ugo Rossi – per dare degna sepoltura ai resti di questo soldato italiano che potrà finalmente riposare in pace. E sarà anche un nostro compito garantire che possa effettivamente riposare in pace – ha detto Rossi. Lo potrà fare se continueremo nell’impegno per la pace, ricordando la storia, in tutti i suoi aspetti e soprattutto sapendo trarre da essa un insegnamento che ci permetta di evitare gli errori del passato. Grazie al lavoro di tutti voi, siamo pronti a superare definitivamente le lacerazioni del passato, per guardare insieme al futuro. L’anno prossimo celebreremo i 100 anni della fine del primo conflitto mondiale e sarà, ne sono sicuro, il momento giusto per compiere – ha concluso il presidente – quel passo, definitivo, verso una completa riconciliazione».
«Quelli che un tempo erano nemici oggi condividono gli stessi ideali di libertà, democrazia e pace – ha ricordato Domenico Rossi, sottosegretario alla Difesa, presente alla cerimonia in rappresentanza del Governo nazionale. Tutti noi – ha detto Domenico Rossi – siamo chiamati alla responsabilità di tramandare questi valori alle giovani generazioni. Non possiamo fallire».
«È probabile che l’alpino trovato ai piedi del Sasso di Costabella» ha spiegato Defrancesco, «facesse pare di un drappello che aveva l’obiettivo di conquistare la cima sommitale. Doveva essere un giovane robusto e molto alto per l’epoca».
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