Belluno, riecco la Familie Flöz con “Hotel Paradiso”: «È uno sprone trovare chi ti conosce già»
A fine gennaio la compagnia si esibirà dopo otto anni al Comunale
Sarà l’evento clou di Belluno Miraggi: «è come chiudere un cerchio»

A fine mese, al Teatro Comunale, l’evento clou di Belluno Miraggi. Dopo 8 anni, SlowMachine riprogramma uno spettacolo già proposto nella stagione di debutto: “Hotel Paradiso” della Familie Flöz. Domenica 12 aprile 2015 la famosa compagnia tedesca portava per la prima volta nel capoluogo dolomitico il suo peculiare linguaggio di teatro di figura e di maschera. Per poi diventare una presenza ricorrente.
Quella che andrà in scena il 28 gennaio alle 21 è un’operazione curiosa, perché nel frattempo i Flöz hanno continuato a girare il mondo con questo show. E soprattutto la rassegna diretta da Rajeev Badhan ed Elena Strada è maturata e si è creata un suo pubblico. «Riportare “Hotel Paradiso” dopo 8 anni è un po’ come chiudere un cerchio», motiva proprio Badhan. «Un inizio e una fine che si congiungono, che è un po’ l’idea di questa 8a edizione di Belluno Miraggi. La volontà di far rivedere quello che è ormai un classico del teatro di maschera, uno degli spettacoli che hanno reso famosa la Familie Flöz, dopo anche averne visto buona parte della produzione. E la possibilità di permettere pure alle nuove generazioni di assistere ad una creazione divertente e che ha appassionato il pubblico. Un pubblico che negli anni è cresciuto esponenzialmente, seguendo la progettualità che Belluno Miraggi è stata, è e forse sarà».
Il collettivo internazionale con base a Berlino dunque si prepara al ritorno in città. Ecco un botta e risposta con il regista Michael Vogel. Tornate a Belluno con “Hotel Paradiso” dopo 8 anni. «Naturalmente è sempre qualcosa di speciale tornare in un luogo dove il pubblico ci conosce già. Spesso sono fan, che guardano anche in modo più critico e con maggiori aspettative i nostri spettacoli. E questo è qualcosa di molto positivo, perché è un rapporto che può crescere e che ci sprona a fare meglio e a sorprendere ancora di più. E poi ci sono le persone che vedono questo tipo di teatro per la prima volta e non sanno bene cosa aspettarsi».
Ricordiamo in breve che storia racconta lo spettacolo. «Un padre, una madre, un figlio, una figlia, gli ospiti… L’amore, l’indifferenza, il viaggio, la morte… L’albergo, il quadro di famiglia, il pozzo di guarigione, la porta girevole… Mi piacciono soprattutto i conflitti tra fratello e sorella: io stesso ho due fratelli e due figli, fratello e sorella. Lui, Urs, vuole che tutto rimanga uguale; lei, Regina, vuole mettere tutto sottosopra. Da questo litigio nascono i conflitti che tanto divertono». Ci saranno delle variazioni rispetto al 2015? «No! Ma ogni spettacolo è diverso. Nelle prime 20 repliche di uno spettacolo cambiamo ancora molto. Poi, una volta trovato il pezzo, contano le sfumature di come quella forma viene reinterpretata ogni sera. Il pubblico ha una grande influenza su ciò che accade. Spesso le persone non si rendono conto del potere che hanno nel guardare».
Che esperienza pensate sarà, per voi e per gli spettatori? «Ogni maschera che vediamo in scena è una parte di noi. Noi abbiamo più possibilità espressive dei personaggi che abbiamo inventato, eppure spesso ci comportiamo in modo molto simile a uno di questi archetipi. Questo è in qualche modo tragico, ma anche molto divertente, e in ogni risata ci riconosciamo un po’ di più. Quando succede, quando ci riconosciamo in queste maschere, è qualcosa di magico, fantastico. Una celebrazione della vita!»
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