Zanonato: «Si cambi il nome ma un ente intermedio serve»

AGORDO. Se il Pd di Belluno, con il consigliere regionale Sergio Reolon, ha minacciato guerra al Governo se taglierà la provincia di Belluno, il ministro Flavio Zanonato, con casa dal 1970 ai piedi delle Dolomiti, assicura che così non sarà. O, almeno, che lui non vuole che così accada.
Lo ha detto ai sindaci della Comunità montana dell’Agodino, con i quali si è incontrato ieri mattina, dopo aver visitato la Luxottica e prima di scendere, in tutta fretta, a Roma per il consiglio dei ministri.
Dopo aver fatto il punto sui temi delle terre alte con i pubblici amministratori, Zanonato si è anche incontrato con gli esponenti del Bard, movimento autonomista bellunese, che hanno rivendicato il diritto dei bellunesi di scegliere i propri rappresentanti dell’ente intermedio. Zanonato non solo ha precisato che lui è per il mantenimento della Provincia, ma anche che ne parlerà al ministro Delrio (Affari regionali e autonomie locali) affinché le terre alte conservino una propria rappresentanza.
Non tutti riescono a capire perché a Belluno, piuttosto che a Treviso o Venezia, si deve conservare la Provincia. Provi a spiegarlo lei.
«Non si riesce ad avere un Comune di 800 abitanti, che pure ha voglia di autogovernarsi - penso a San Tomaso Agordino o a Gosaldo - quindi realtà che hanno una propria identità e vogliono governarsi non le vedo rapportarsi direttamente con la Regione. Serve un ente intermedio che si può pensare in vari modi e che può chiamarsi anche con un nome diverso da Provincia. Solo un ente intermedio può gestire le scuole, la viabilità e tutta una serie di altri servizi, che un piccolo comune da solo non riuscirà mai ad organizzare, se non appunto in consorzio».
Lei ha incontrato i sindaci dell’Agordino, che le hanno spiegato che quassù il costo della vita è molto alto. Ma lo dicono da troppo tempo. Come si può venire loro incontro?
«Il primo problema che mi è stato spiegato è che non è conveniente vivere in montagna se non si cambiano alcuni fondamentali elementi che caratterizzano la vita di una comunità. Questa cosa vale per tante aree del nostro Paese, ma in montagna è più evidente. La morfologia e il clima rendono più complicato vivere a parità di condizioni rispetto ad altre aree del Paese. Allora dobbiamo mettere chi vive quassù nelle condizioni di vivere alla pari e con le stesse garanzie di chi vive in pianura e in città. L’ospedale, ad esempio, per essere raggiunto richiede in città un quarto d’ora, mentre sulle terre alte anche un’ora e mezza, se c’è la neve può essere irraggiungibile. Altri aspetti riguardano i costi maggiori per il riscaldamento, lo spalare la neve è un problema, sfalciare i prati è un altro problema. Come si fa a garantire che la gente possa vivere con gli stessi diritti e opportunità come in pianura e in città? Ed è un interesse che questo avvenga?».
Appunto, come si fa a garantire pari dignità di vita?
«Bisogna fare in modo che ci siano quei meccanismi di defiscalizzazione, di contribuzione, di opere ed infrastrutture, che consentano alla gente che vive qui di viverci godendosi la condizione positiva che la montagna garantisce, ma senza subire quelle difficoltà che la montagna inevitabilmente comporta».
Lei è stato in vista alla Luxottica: anche secondo lei è una delle aziende più avveniristiche del nostro Paese per quanto riguarda le garanzie sociali offerte ai propri dipendenti?
«Luxottica è un qualcosa di incredibile. Bisognerebbe citarla di più, questa azienda, quando si parla della situazione italiana e della sua economia. Ovviamente come modello da seguire. Solo in queste aree Luxottica ha 8 mila dipendenti. Complessivamente nel mondo ne ha 80 mila. È un’azienda interamente italiana e ha i migliori marchi del mondo nella produzione degli occhiali di lusso, controlla una fetta enorme di questo mercato, porta ricchezza nel nostro Paese. È un bell’esempio di che cosa significa partire dal territorio per fare una grande impresa».
Ma il vicepresidente Francavilla, che l’ha accompagnata nella visita, che cosa le ha chiesto?
«I dirigenti di Luxottica non mi hanno chiesto niente, semplicemente di essere attrezzati per il lavoro che svolgono. Io li apprezzo molto, anche perché assicurando una grande ed innovativa forma di welfare».
Ritornerà ai vertici dell’industria più innovativa anche l’Acc? Perché il commissario Maurizio Castro non ha ricevuto ancora la nomina a commissario?
«Non ne so niente. Castro l’ho voluto io in quel posto. E l’ho voluto perché è una speranza, anzi una certezza».
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