“Zadra”, un progetto per far risorgere l’azienda del vetro

BELLUNO. Dovrebbe chiamarsi “Dolomiti Vetro”: è la nuova società che sei ex dipendenti della Zadra srl (in liquidazione) intendono costituire, se solo qualcuno li aiutasse a racimolare i 600 mila euro necessari a realizzare questo sogno. Un sogno per dare una risposta al territorio e lavoro ad altri disoccupati.
Dopo un anno, i sei ex lavoratori hanno voluto uscire allo scoperto. Si tratta di Paolo Marcon, 39 anni, responsabile del reparto taglio della Zadra vetri; Fabio Fistarol, 41 anni, responsabile della logistica; Marcello Balcon, 52 anni, responsabile acquisti; Mauro Franzin, 34 anni, responsabile del laboratorio collaudo campioni; Maurizio Cassisi, 39 anni, responsabile della qualità, sicurezza e ambiente; Michele De Pellegrin, 42 anni, responsabile della manutenzione e portavoce del gruppo.
Nel giro di pochi anni, l’azienda è passata da 120 a 54 dipendenti (dall’8 agosto sono in cassa straordinaria), con vari passaggi societari e vendite di rami d’azienda, fino all’apertura della procedura del concordato preventivo. Ma ad oggi il concordato non è ancora andato a buon fine e quindi «non sappiamo come mantenerci, visto che dobbiamo ancora percepire il tfr, le ferie e i permessi arretrati. Sarebbe importante che si giungesse presto alla conclusione della vicenda, così da sapere se potremo usufruire degli ammortizzatori sociali necessari per andare avanti nel progetto», dicono i lavoratori, che con entusiasmo stanno cercando di costruirsi un futuro nel campo in cui hanno maggiore esperienza, quello del vetro. «Attualmente nel nostro territorio non esiste una vetreria, ma si ricorre a ditte da fuori».
I sei lavoratori hanno già redatto un business plan, però non possono partire, perché, oltre a non avere i soldi necessari, avrebbero bisogno di un capannone dove svolgere l’attività. «Abbiamo chiesto al liquidatore della Zadra la possibilità di ottenere in affitto uno dei quattro capannoni dell’azienda, almeno fino a quando non sarà delineata la nostra posizione e non si giungerà alla firma del concordato, ma ci è stato negato perché gli immobili sono all’asta».
Il gruppo, però, non si è perso d’animo e ha individuato un’altra struttura a pochi chilometri da Belluno. «Siamo riusciti a tenerla bloccata fino al 31 ottobre. Entro questa data dovremmo anticipare un acconto pari a 6-7 mila euro. In questo capannone ci sarebbero da fare anche tutti gli impianti ex novo, da quello della luce a quello dell’aria compressa. Il tutto per una spesa complessiva di 300 mila euro, la metà dei 600 mila euro da investire per poter partire. Attualmente possiamo metterne 160 mila, visto che la mobilità non è certa e che abbiamo le nostre famiglie da mandare avanti».
L’intento dei sei dipendenti è partire con dieci persone (compresi loro): «Se poi l’attività dovesse prendere piede, ne assumeremo altre».
I sei hanno bussato a tante porte in cerca di soldi, ma nessuno ha risposto. «L’unico che si sta muovendo è il sindaco Massaro. In un momento di crisi, chi mostra la voglia di far ripartire un’attività, dovrebbe essere sostenuto. Speriamo che qualcuno si faccia avanti, perché la fine di ottobre è ormai alle porte».
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