Viaggio nei boschi schiantati da Vaia, sloveni al lavoro

Sopralluogo con il sindaco di Livinallongo tra i cantieri sui ripidissimi versanti del comune

LIVINALLONGO

Un paesaggio sempre più lunare. Così appare la valle di Fodom dagli ultimi rilievi scattati dall’elicottero.

«Qui non basteranno due o tre anni di lavoro, ce ne vorranno almeno cinque», osserva Leandro Grones, sindaco di Livinallongo mentre ci fa salire sul suo jeeppino, che non si ferma davanti ad alcun ostacolo. Nemmeno un km di strada e sul versante di sinistra compaiono i primi paravalanghe.

«I migliori sono quelli elastici, in rete metallica; sono i più resistenti e non si vedono più di tanto. Troppo visibili, invece, quelli in legno».

Tutti paravalanghe

Un chilometro dopo il centro di Pieve, sulla sinistra, i servizi forestali stanno assicurando alla roccia le reti protettive. «Tutte misure indispensabili, ma la nostra preoccupazione – ammette il sindaco – è che queste valli straordinarie diventino un paravalanghe continuo».

Arriviamo ad Andraz, il borgo è spalmato sotto la strada. Ma qui sopra c’è un cimitero di piante. Piccolo, grande? Il sindaco ci porta dall’altra parte della valle, sulla strada per Colle Santa Lucia, e la risposta, purtroppo, è quella temuta. A centinaia, forse a migliaia gli alberi che sembrano pronti a scivolare giù, verso le case di Andraz. Ma, da quest’altra parte, il fianco della montagna non è meno desolante: un tappeto arruffato di larici. «Questi sono due siti valanghivi dove le piante non potranno essere prelevate fini a quando non saranno messi in sicurezza» spiega Grones.

Prima della neve

I tempi? Prima della neve? «Meglio di no, perché i tronchi funzionano da paravalanghe». Là dove la strada lascia qualche spazio libero, ecco che si riempie di tronchi tagliati a misura, ovviamente dopo che i rami sono stati recisi. Arriva un trattore con un rimorchio speciale, attrezzato di gru. Scende da Larzonei. L’operatore forestale scarica e riparte.

«È uno sloveno e qui è proprio una ditta slovena ad operare, per conto della società altoatesina che ha vinto i nostri bandi» informa il sindaco. Il materiale rimane sul posto il tempo strettamente necessario al camion che viene a prelevarlo. Un tir sloveno, anzi più tir, che poi raggiungeranno Marghera per il deposito ed il successivo carico nei container da nave.

«La destinazione è la Cina – conferma Grones -. Una parte minore di legname, invece, finisce in Austria». La via della seta, dunque, che si trasforma in via del legno.

porti stranieri

Ma ecco la curiosità. Non è Venezia, pardon Marghera, la prima destinazione, nemmeno Trieste, bensì un porto straniero, Koper. «È il porto degli sloveni e loro, si sa, ci tengono molto al proprio Paese» chiosa Grones.

Andiamo a trovarli, là dove sono al lavoro. Si sale verso Larzonei, una strada larga qualche centimetro più di un’auto. Prima del borgo, una decina di residenti, ci si arrampica lungo una pista forestale. Ed ecco il piccolo quartiere di Lubiana. Ma non troviamo nessuno. Sono tutti in mezzo al bosco, al volante di “ragni” che fanno venire i brividi solo a vederli. Da un costone che sarebbe difficile aggredire a piedi, scende una macchina con le ruote di gomma dentro cingoli d’acciaio. È carica di tronchi, che l’operatore scarica, a seconda dei vari tipi di legno, da una parte e dall’altra, quindi selezionando lui stesso la specie. Proviamo a parlargli, ma ha fretta.

Dall’alba al tramonto

«Arrivano qui all’alba e se ne vanno quando scendono le tenebre – ci dice Grones -. Sono molto affidabili. Hanno affittato un appartamento, non vanno nemmeno a casa perché lavorano anche di sabato e, talvolta, anche di domenica».

Ovviamente vi lasciamo solo immaginare com’è il terreno: una ragnatela di tracciati, talvolta di fango. «Ecco perché consigliamo ai fungaioli di non frequentare le aree di Vaia, come noi le chiamiamo: perché rischiano di perdersi, questi infatti non sono i sentieri tradizionali, quelli segnati dal Cai o dai Comuni» raccomanda Grones. Scendiamo verso Andraz e risaliamo sulla strada per il Falzarego. Altri schianti ed il vuoto sembra animato solo dall’intreccio delle linee elettriche, vecchie e nuove.

«C’è già l’accordo con l’Enel – fa sapere il sindaco – per l’interramento, perché sicuramente non è un bel vedere». Sul versante alle spalle del ristorante-albergo La Baita, due macchinari sloveni sono al lavoro e impressionano solo a vederli. Catene alle ruote, si arrampicano ovunque. Certo, non possono aver riguardo per il sottobosco. Una signora avvicina il sindaco e gli chiede: quando finirete di pulire? «Ci vuole pazienza, signora, non dipende solo da noi».

La tempistica

Anche la scorsa settimana Grones è stato dal coordinatore Dell’Acqua per verificare la tempistica degli interventi sui siti valanghivi. Questione di giorni, è la risposta. Andiamo dall’altra parte della valle, scendiamo a Salesei e risaliamo verso Davedino, attraversando il torrente Cordevole su un ponte sistemato alla meglio, dopo la tempesta Vaia, e che la Provincia di Belluno si appresta a mettere in sicurezza. Ci arrampichiamo lungo una strada che è difficile da farsi d’estate, immaginarsi con la neve. Eppure quassù troviamo due abitanti, una bisnonna di 95 anni ed un pensionato poco più che sessantenne. La residenza, in ogni caso, ce l’hanno in 7. E proprio costoro sono riusciti a farsi il Comitato di frazione a cui il Comune ha affidato gli schianti. Arrampicati sul versante desolato operano i Servizi forestali. Non si riesce a capire come siano riusciti ad aprirsi un passaggio, perché le auto, quando riescono ad arrivarci si fermano in uno spiazzo prima delle quattro case.

Case, si badi, nient’affatto abbandonate, ma chiuse, salvo due, eppure con i gerani alle finestre. Ci sono pure due orti, con reti protettive alte così e i fiori che le mascherano. Scendiamo di nuovo in valle e lungo il Cordevole intercettiamo le ruspe di quelli che lavorano per bonificare l’alveo e consolidare gli argini. «Da queste parti il vento arriva spesso – annota il sindaco – e le piante abbattute due anni fa, come queste – ci indica – hanno già il bostrico. La prossima estate, dicono gli esperti, potrebbe aggredire anche gli schianti».

Quindi? «Quindi dobbiamo far presto». Magari utilizzando l’esplosivo là dove i versanti sono impraticabili?

«Non so quanto sia utile – risponde Grones -. Potrebbe essere una scelta saggia lasciar marcire i tronchi là dove si trovano, almeno in quei siti valanghivi che sembrano inavvicinabili. Forse anche risparmieremmo». —


 

Argomenti:vaia

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi