Una vita lunga tutto un secolo per Angelo Mazzoleni Ferracini

Approdato a Tai dalla provincia di Bergamo compie cent’anni oggi Ha vissuto la guerra nei Balcani e i lavori forzati in Germania 

il compleanno

Cento anni, ancora tanta curiosità e tanta voglia di vivere. Angelo Mazzoleni Ferracini spegnerà le cento candeline oggi. Una serena quotidianità grazie ai suoi libri, tra i quali spiccano quelli di Mauro Corona, i quotidiani, lo sport che segue in tv, il poggiolo dal quale ammira le sue montagne e il caffellatte con i biscotti, un piacere a cui non rinuncia.

La ricompensa a una vita dura, tutta in salita, da quando la spagnola, terribile morbo della Grande Guerra, gli portò via il padre pochi mesi prima che nascesse, in provincia di Bergamo, a Costa Valle Imagna. Crebbe con i nonni e tanti parenti, ma la madre pensò per lui al seminario e un futuro da prete.

Ma Angelo dodicenne, idee chiare e pochi compromessi, decise che avrebbe seguito gli zii, ambulanti di formaggi. Percorsero tutta l’Italia del Nord, dal Piemonte al Friuli con carro e cavalli, frequentando la scuola della vita che imponeva sacrifici e privazioni ma regalava anche il contatto con la gente, la meraviglia dei paesaggi e la libertà di muoversi da una valle all’altra. Un fisico temprato dalle leggi della natura, dal tempo delle stagioni, da notti passate nei fienili, al lustro delle stelle.

A 20 anni il servizio di leva lo portò a Reggio Calabria ma poi lo scoppio della seconda guerra mondiale lo catapultò in Grecia, Montenegro ed Albania. Quando Mussolini ruppe il patto con la Germania di Hitler lui si trovava a Valona, lì fu catturato dai tedeschi e deportato nel campo di prigionia di Spandau in Germania e successivamente trasferito in un altro campo vicino a Berlino dove lavorò per la Bmw.

Qui cala il suo silenzio perché quello che visse è troppo crudele da ricordare, ma ringrazia il cielo di essere un sopravvissuto perché i morti intorno a lui erano tanti, veramente tanti.

Con un gruppo di bresciani scappò dalla prigionia e a guerra finita raggiunse i cugini Rizziero e Attilio a Tai di Cadore. La vita, che con lui era stata così dura, gli regalò l’incontro con Marisa, che sposò nel 1948, e poi la gioia dei figli Giancarlo, Maria, Piero, Graziella, Silvana e Stefano. Per lui tanto affetto, benefico elisir di lunga vita. —

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