Una scalata lunga 2500 chilometri
Patrick Berhault e la grande sfida della traversata delle Alpi durata cinque mesi

Cinque mesi di fila di scalate, partendo in piena estate e arrivando in pieno inverno, salendo sulle pareti da brivido delle 22 maggiori montagne delle Alpi. E’ l’impresa compiuta da uno dei più grandi alpinisti della storia, Patrick Berhault, compiuta a cavallo di 2000 e 2001. Il film di Gilles Chappaz documenta in 50 minuti quest’impresa con immagini eccezionali, che rendono bene l’idea delle difficoltà incontrate, ma anche dello spirito con il quale Berhault ha affrontato questa lunghissima traversata, una concatenazione che resta negli annali dell’alpinismo.
Patrick Berhault era famoso per le sue salite leggere, cioè senza sacchi pesanti, perchè, diceva, la dimensione della montagna è quella della libertà: lui voleva scalare le vie per «liberarle», non per assegnare un grado. Per lui «l’alpinismo è un adattamento dell’uomo alla natura, in tutte le condizioni rocciose». E ancora: «La scalata è l’uomo che va incontro alla roccia adattandosi ma rispettandola com’è».
Berhault è morto nel 2004, cadendo sulla cresta del Dom de Mischabel. Sicché questo film rimane un po’ come un monumento alla sua memoria, e insieme un documentario di quella grande impresa.
Parte il 26 agosto 2000 affrontando la montagna simbolo della Slovenia, il Triglav, insieme con Tomaz Humar. E’ l’estremità orientale della catena alpina, finirà il 9 febbraio 2001 con il Marguareis, all’estremità ovest, sulla Costa Azzurra. Passando per le Dolomiti dove affronta le Tre Cime, la Civetta e la Marmolada, il Crozzon di Brenta, la Brenta Alta e il Piz Cengalo. Poi, passato l’Adamello, eccolo sui «mostri» Eiger, Grande Jorasses, Bianco (in solitaria) e Cervino, e poi ancora su Grande Casse, Aiguelles d’Arves, la Meije, le Dome des Ecrins e il Monviso, per scendere su Corno Stella e il Marguareis sulle Alpi Marittime. Fanno 2500 chilometri, 1200 in linea d’aria. I collegamenti tra una montagna e l’altra, tra una scalata e l’altra, li compie a piedi o con gli sci, con giorni di marcia di trasferimento. E qualche volta in bicicletta, come nell’avvicinamento alla nord del Cervino. Ma tutto ha un senso, perché per affrontare quella parete nel 1931 due fratelli tedeschi, i fratelli Schmidt, partirono in bicicletta addirittura da Monaco.
Nel suo lungo viaggio nelle Alpi, Berhault non è solo. Con lui si danno il cambio, nelle varie tappe, altri notissimi scalatori, come Tomaz Humar, Patrick Edlinger, Patrick Gabarrou, Philippe Magnin. Quest’ultimo nel 2004 affronterà la scalata delle 82 vette delle Alpi più alte di 4000 metri. Alla fine del suo viaggio sarà con Gael Bouquet des Chaux, ma finirà in solitaria.
Dal Triglav ci mette otto giorni ad arrivare alle Lavaredo, dove scala la Ovest (per la Cassin) e la Cima Grande. Passa alla Civetta, dopo cinque giorni di cammino, «la parete delle pareti», la più lunga delle Alpi con i suoi sette chilometri di fronte. Qui sale in tre giorni per la Solleder-Lattenbauer, il diedro Flamm e il gran diedro Livanos. Tocca alla Marmolada, sulla mitica via «Attraverso il Pesce» della parete sud. Mitica, dice, «per la qualità della roccia, per il paesaggio, per l’intelligenza della via». In cima non ci arrivano, ma quasi. Mancano 5-10 metri all’uscita quando scoppia di tutto, grandine, neve, vento. Devono rinunciare, ma è come dire che ce l’hanno quasi fatta.
Dopo il Brenta, passano l’Adamello tra le trincee e i camminamenti della grande guerra. E viene il momento dei mostri sacri. Sulle Grandes Jorasses sceglie una via carica di storia ma poco ripetuta per la sua difficoltà, aperta da Renè Desmaison e Serge Goussault in una tragica scalata che li blocca esausti a 80 metri dalla cima. Goussault muore, Desmaison rimane lì, sfinito, troppo tardi per ripartire. In trent’anni quella via era stata ripetuta solo due volte.
Il 28 novembre eccolo sulla vetta del Cervino con Philippe Magnin, in mezzo alla neve, con uno spettacolo eccezionale nella notte: Cervinia da una parte e Zermatt dall’altra. Sull’Eiger affronta la parete nord, con una superficie coperta da neve inconsistente e molti tappi. Infine le ultime impegnative scalate. Sulla parete nord della Grande Casse tocca bivaccare in parete. Poi la prima invernale della cresta nord ovest del Monviso. Le ultime sono in solitaria.
Il regista, Gilles Chappaz, è giornalista e produttore cinematografico specializzato nella produzione alpinistica. Il film è stato premiato al Festival di Torello in Spagna come il miglior film di montagna.
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