Una medaglia per tutti i cadorini

Pieve fu insignita da re Umberto I per l'eroismo dei propri abitanti
Pieve di Cadore è l'unico comune della provincia ad avere la propria bandiera insignita con una medaglia d'oro al valor militare, accordata per il suo comportamento durante le battaglie risorgimentali, combattute per costituire un unico stato in Italia. Il riconoscimento è stato dato a Pieve in rappresentanza di tutto il Cadore, sede della Magnifica Comunità di Cadore.
 La storia.
 «E' accordata la medaglia d'oro al valor militare alla bandiera del municipio di Pieve di Cadore, per la memoranda e tenace resistenza fatta nel 1848 dalle popolazioni Cadorine contro soverchiante ed agguerrito invasore». Con questa motivazione il re d'Italia Umberto I, il 9 agosto del 1898 stabilì che il Cadore meritasse un riconoscimento per i fatti d'arme del 1848, quando, sotto il comando di Pietro Fortunato Calvi, l'intero territorio si ribellò all'occupatore austriaco, e per 34 giorni lo tenne lontano dai propri confini. Nella decisione per la concessione della medaglia d'oro, un certo peso lo ebbe anche il fatto che il 14 agosto 1866, due giorni dopo la firma dell'armistizio di Cormons, 1.600 volontari austriaci di stanza a Santo Stefano ma provenienti da Auronzo, erano stati fermati in località Tre Ponti, tra Cimagogna e Lozzo, da poco più di 300 italiani, in parte volontari, per tutto il tempo necessario affinché arrivasse anche al comandante austriaco la notifica dell'armistizio. Un piccolo, ma importante combattimento, che impedì agli austriaci di scendere a Venezia e che entrò nei libri di storia come il combattimento di "Tre Ponti". Subito dopo la conclusione della terza guerra d'indipendenza, ci fu il plebiscito che vide i "sì" prevalere con 37.611, contro 2 contrari e 4 schede nulle. Quindi l'annessione del Cadore e del Veneto al Regno d'Italia.
 La protesta cadorina.
Durante la prima visita di re Vittorio Emanuele II al Veneto, avvenuta il 7 novembre 1866, il sovrano insignì le bandiere di Venezia e Vicenza con la medaglia d'oro al valor militare, come riconoscenza per gli atti eroici del 1848 - 49. Il fatto suscitò nel Cadore un'ondata di orgoglio, ma nello stesso tempo una ondata di protesta, da parte dei combattenti di allora, tra i quali Luigi Coletti, Osvaldo ed Enrico Palatini, Domenico Tomasi, don Natale Talamini, don Gabriele Gregori e il canonico Giuseppe Ciani, che ritennero di essere stati dimenticati. Perciò, solo 6 giorni dalla visita del re a Venezia, Pieve inviò all'onorevole Giuseppe Zanardelli, allora commissario del regno a Belluno, una lettera, corredata da una relazione degli ex combattenti, con la quale chiese che i fatti del 1848 in Cadore, fossero paragonati a quelli della Repubblica di Venezia, e quindi anche che gli fosse accordato un identico riconoscimento. Zanardelli prese subito a cuore il desiderio dei cadorini e il 24 novembre scrisse una lettera al presidente del consiglio ed al ministro dell'Interno, chiedendo fosse riconosciuto il valore di quei fatti d'arme. L'iter era così iniziato, ma ci vollero ben 32 anni perché si concludesse positivamente. La medaglia d'oro, anche se appuntata sulla bandiera di Pieve, fu accordata in rappresentanza di tutto il Cadore.
 Niente francobollo.
Nulla da fare, invece, per la serie di francobolli emessi nel 1946, per ricordare le medaglie d'oro alle bandiere del Risorgimento e nella quale non c'è quella di Pieve. Anche vari interventi in tutte le sedi competenti, fatti dai rappresentanti e da autorità cadorine negli anni successivi per avere un francobollo commemorativo dei fatti del 1848, non approdarono a nulla. Così al Cadore non resta, per ricordare lo straordinario slancio pattriottico del 1800, che la medaglia d'oro appuntata sulla sua bandiera.  Ma la sua storia travagliata non si esaurì, con il nuovo secolo, perché il metallo prezioso con il quale era stata coniata, fu preso dal Comune di Pieve come dimostrazione di dedizione alla patria. Infatti, insieme alle "fedi" d'oro che le donne cadorine il 18 dicembre 1935 donarono alla patria per contrastare le sanzioni che la Società delle Nazioni aveva imposto all'Italia per l'occupazione dell'Abissinia, Pieve donò la medaglia d'oro al valor militare. L'oro, a seguito di un nuovo conio, fu sostituito da bronzo dorato.  Pieve, per molti anni, anche del dopoguerra, si dimenticò d'incassare il "soprassoldo" previsto per la medaglia, che quando fu concessa ammontava a 200 lire all'anno. Poi la storia fu ripresa alla fine degli anni'90, quando, in previsione delle celebrazioni dei fatti d'arme del 1848, l'allora sindaco chiese al ministero della Difesa un nuovo conio in oro della propria medaglia. Così nel 1998, visto che la Zecca dello Stato aveva conservato l'antico calco del 1898, la medaglia fu nuovamente coniata e ora viene esibita in tutte le cerimonie nelle quali è richiesta.  Particolare interessante: la medaglia in bronzo dorato, coniata nel 1935, non venne restituita alla Prefettura, ma è rimasta a far compagnia a quella in oro zecchino del secondo conio.  

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