Una folla per l'addio a Moretti il medico che dava attenzione «a chiunque gli stava accanto»

Le sue parole come una profezia: «Se devo morire vorrei che avvenisse in montagna». Ricordata la figura di professionista serio
 AGORDO.
«Dio non ci chiede i gesti eclatanti, ma la quotidiana attenzione a chi ci sta accanto». Quando ieri durante l'omelia ha pronunciato queste parole, l'arcidiacono di Agordo, monsignor Giorgio Lise, aveva di fronte la bara di Giorgio Moretti (61 anni), il medico di base di Agordo, morto sabato in seguito a una tragica fatalità in montagna, in Val del Mus. Parole che sembrano cucite addosso alla persona di Moretti, originario di Taibon, da oltre 30 anni medico ad Agordo.
 Professione medica che Moretti ha svolto semrpe con serietà e capacità messe a servizio del prossimo, di chi gli stava, appunto, accanto.  «Niente di quello che avete fatto in vita va perduto», ha aggiunto don Lise.  E la partecipazione al sua funerale ne ieri è in qualche maniera la dimostrazione.  Enorme, infatti, la folla che ha accompagnato il rito sia dentro che fuori la chiesa arcidiaconale. I sindaci di Agordo e Taibon a nome delle due comunità, i colleghi, i tanti pazienti che in questi anni si sono avvalsi delle cure del dottor Moretti si sono stretti in modo discreto e solidale attorno alla moglie Lorella, ai figli Federica e Pierpaolo, alla mamma Gigetta, al fratello Paolo e ai parenti tutti.  La salma è stata successivamente tumulata nel cimitero di Taibon.  Giorgio Moretti lo aveva detto: «Se devo morire vorrei fosse in montagna».  Su quella montagna che egli amava in maniera viscerale e che scopriva in solitaria o con pochi e fidati amici.  La montagna che sabato, mentre percorreva il sentiero di rientro in Val del Mus sui Monti del Sole, sulla destra Cordevole, assieme all'amico e collega Alessandro Da Rold, lo ha purtroppo "esaudito", scaricandogli addosso una frana di sassi che lo ha colpito alla testa e fatto cadere nel canalone sottostante per una ventina di metri, senza scampo.  Perciò, ieri, Agordo non ha pianto soltanto il suo medico, ma anche l'uomo della montagna, dimostrando ancora una volta quando forte sia per questa terra, che da 35 anni ne ricorda con una messa i "Caduti", il coinvolgimento profondo per le vicende umane della montagna.

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