Una chitarra per compagna

Lino Brotto ha suonato con i grandi del jazz
Ha deciso che avrebbe fatto il musicista a 13 anni quando prese in mano per la prima volta una chitarra. «Ricordo la data», racconta Lino Brotto, «era il 22 gennaio 1987». Adesso ha 33 anni, ma quest’anno Lino Brotto può festeggiare la bellezza di vent’anni di chitarra. Vent’anni spesi bene in un lungo viaggio tra le note. Ma chi è Lino Brotto? Nel mondo del jazz lo conoscono bene, è uno dei chitarristi ormai più noti. Viene da Cornuda ma la famiglia da parte di madre è di Sedico. I Brotto di Cornuda sono sinonimo di distilleria, di liquori. E in effetti Lino è un rampollo di quella storia famigliare. Ma si definisce scherzando «la pecora nera», insomma quello che non ha seguito le strade del padre, anche se ancor oggi è nell’azienda di famiglia. «Dò una mano», chiarisce. «Da diciotto anni la mia professione è in realtà quella del musicista».


 Quel giorno di vent’anni fa c’era in casa una festa per il compleanno del fratello. E papà Cesare che fa? Regala una chitarra al ragazzo. Che non l’ha più vista. «L’ho presa io e da lì è partita la storia». Con qualche mal di pancia per il papà. Che è un industriale, dunque uomo concreto, di quelli che vogliono i fatti subito: «Ho dovuto vincere concorsi pesanti prima che si convincesse che quella era la mia strada, che potevo farcela con la musica. Pensava forse che avessi qualche grillo per la testa, che fosse solo un hobby». A insistere è stata invece la madre, Teresa. E soprattutto la nonna di Sedico, Carla Conz, appassionata di arte e di storia. Fiducia, anche nei momenti difficili. «E nel nostro campo di momenti così ce ne sono parecchi, anche dal punto di vista economico. Magari passi dei periodi nei quali i soldi entrano, i concerti sono molto ben remunerati. Poi all’improvviso ti salta una tournée per la quale avevi lavorato un anno intero, e resti a terra».


 Lui, Lino Brotto, ha tenuto duro. Si vede che passione e tenacia possono fondersi. «Per diventare musicisti è dura, si studia otto ore al giorno, il doppio del normale», spiega. Ha fatto studi di chitarra classica, e poi composizione, e poi direzione d’orchestra, e poi arrangiamento, e poi... E poi suona. Ha suonato anche negli Stati Uniti dove è stato un anno al Berklee College Music di Boston, Massachussets: un anno in borsa di studio dopo i corsi estivi di Perugia nel 1995. Scusate se è poco: quella scuola è stata fondata nel 1945 da Lawrence Berk, per quella scuola sono passati migliaia di musicisti, compresi i grandi del jazz mondiale. Lì, in America, uno si può laureare in jazz da 50 anni, qui in Italia solo da un paio. E’ tutta un’altra musica.


 E da Boston via, in giro per il Nord America, da New York a Chicago, suonando con diversi gruppi, con mini tournée. Però neanche lì nella patria del jazz è facile: «Non apprezzano più la musica impegnata, anche lì ha trionfato la logica del business. Ci sono grandi artisti che in Italia vanno a 10 mila a concerto e che a New York suonano nei locali per 70 euro. Lo dico con cognizione di causa, cosa di due mesi fa».


 Lino torna in Italia nel ’98, e da allora le soddisfazioni fioccano. Ha suonato con Enrico Rava, come dire un nome da quintessenza del jazz. Con Lee Konetz, «unico grande artista vivente che viene dagli anni 40 e 50, il periodo che preferisco». Ha registrato con Ares Tavolazzi, grande contrabbasso: imminente l’uscita di un Cd. E ancora gli Alma Swing. Massimo Manzi batteria, Fabrizio Bosso tromba, Robert Bonisolo, Bruno Cesselli. Umbria Jazz, Veneto Jazz, Olanda, Germania, Slovenia.


 Da due anni fa coppia fissa con Pasquale Chiesura e il suo sax. Un feeling da sballo che ha già prodotto scintille. Un duo che promette miracoli, con un progetto che sta per partire, cose mai fatte nel jazz. «Un’idea alla quale credo molto», dice Brotto. Un’estate al lavoro. Poi, in autunno, saranno pronti.

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