Una bambola può aiutare i pazienti con demenza

FELTRE. Una bambola empatica, né troppo perfetta né troppo brutta e il più possibile somigliante a un neonato, si rivela fra le terapie non farmacologiche più efficaci per la cura delle persone affette da demenza. L'azienda feltrina servizi alla persona adotta la “doll therapy” per il centro Alzheimer ed è partner di una ricerca internazionale per la sperimentazione scientifica che approfondisce i benefici di tale terapia per le persone affette da demenza e con gravi disturbi del comportamento. Così oggi si terrà un incontro informativo, rivolto ai familiari degli ospiti e ai collaboratori della struttura, su questo tema, trattato dal medico Ivo Cilesi, ideatore della terapia della bambola e del modello terapeutico non farmacologico di riferimento.
Le bambole terapeutiche di cui si è dotato il centro possiedono caratteristiche particolari che potrebbero non farle apparire come le bambole più belle in vendita nei negozi, ma che le rendono maggiormente in grado di suscitare emozioni e di stimolare così le abilità affettive e cognitive residue dei malati. Hanno braccia morbide e una postura delle gambe lievemente rannicchiata ma non fetale, tale da rendere facile l'abbraccio, dimensione e peso simili a quelli di un neonato e tratti somatici che ricordino quelli di un bimbo vero.
L'osservazione delle potenzialità di questa terapia depone, si dice dagli esperti dell'azienda feltrina, per la validità di un metodo non sostitutivo ai farmaci, ma efficacemente integrativo, ma anche la validità di uno strumento di riabilitazione in grado di aiutare a ridurre e compensare le compromissioni funzionali degenerative.
Il ricorso a una bambola fra persone in cui le capacità di memoria, logiche e verbali si sono ridotte a causa della malattia, attiva delle modalità di relazione pre-verbali, simili alla lallazione che si usa con i bambini prima che comincino a parlare, e non verbali, che permettono di investire energie mentali su uno stimolo e insieme su un ruolo.
Questo approccio di cura, infatti, consente alla persona fortemente compromessa e livello cognitivo, di sentirsi utile e capaci di svolgere ancora delle attività quotidiane , di dare affetto e di prendersi cura di qualcuno, ma anche di esprimere emozioni. Si parla di “memoria procedurale” che viene chiamata in causa nell'esecuzione di alcuni gesti come la vestizione, il cambio di abiti o attraverso le azioni del cullare o dell'alimentare.
Laura Milano
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