Un solo medico non obiettore nell’Usl 1

A Belluno l’interruzione di gravidanza è praticata da un solo camice bianco: a rischio professionalità e libertà della donna
ospedale san martino
ospedale san martino

BELLUNO. In Italia il diritto delle donne ad abortire non è garantito e i pochi medici non obiettori vengono discriminati all'interno degli ospedali. Lo ha stabilito il Consiglio d'Europa, accogliendo un ricorso della Cgil per la mancata applicazione delle legge 194/78, la norma che sancisce l'interruzione volontaria di gravidanza.

Torna in auge, quindi, il problema dell’aborto, un diritto sancito dalla legge ma che pare non sia mai stato accettato fino in fondo dagli italiani. Infatti, periodicamente si registrano da più parti attacchi a questo diritto delle donne che spesso devono fare i conti con alcuni ostacoli, come l’aumento esponenziale dell’obiezione di coscienza da parte dei medici: questa pratica, se da un lato limita il diritto stesso a interrompere la gravidanza volontariamente, dall’altro potrebbe celare il rischio di uno svantaggio lavorativo per chi obiettore non è. Quest’ultimo, infatti, è costretto a fare spesso lo stesso tipo di prestazione. Una criticità evidenziata dall'organizzazione di Strasburgo a livello nazionale.

Anche nell’Usl 1 il problema si sente, visto che su 14 medici ginecologi che operano negli ospedali di Belluno e Pieve di Cadore, solo uno non è obiettore ed opera esclusivamente nel nosocomio del capoluogo. Erano due fino a qualche tempo fa, ma poi uno se n’è andato. Ad oggi, questo medico è costretto a gestire perlopiù aborti.

Nel 2015 le interruzioni volontarie di gravidanza sono state 96, un dato in aumento rispetto alle 84 del 2014. «Nella nostra Usl», dice il direttore sanitario Giovanni Pittoni, «il diritto delle donne è rispettato, anche perché c’è una legge che lo impone. Chi vuole interrompere la gravidanza trova sempre un medico in una struttura pubblica. Quindi, non c’è alcun ostacolo alla volontà della persona».

Il percorso per giungere all’interruzione di gravidanza non è semplice: la donna viene presa in carico dal Consultorio, dove è sottoposta a un colloquio per chiarire che alla base della scelta non ci sia uno stato di bisogno o coercitivo. Poi viene accertato lo stato di gravidanza e prenotato l’intervento non oltre la dodicesima settimana.

Della presa di posizione del Consiglio di Europa si dice contenta la segretaria della Filctem Cgil di Belluno, Denise Casanova.

«Secondo dati del 2014, in Italia la maggiore percentuale di obiettori di coscienza si registra in Molise con l’85,2%, seguito poi dalla Basilicata. Il Veneto si attesta sul 76,7%, mentre la regione dove l’obiezione è minima è la Valle d’Aosta con il 16.7%», snocciola i numeri Casanova, che poi aggiunge: «A mio parere i non obiettori dovrebbero godere di maggiore tutela. La questione è che l’obiezione, che va rispettata, è spesso utilizzata per non fare questo intervento, lasciandolo ad altri e limitando la libertà del professionista che si prende questo incarico. In poche parole, molto spesso nasconde l’opportunità di non gravarsi di ulteriore lavoro. Il fatto che ci sia un solo medico nell’Usl 1 a praticare l’aborto, limita di fatto il diritto della donna, oltre che dello stesso medico».

Paola Dall’Anese

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