Tre matrimoni e una canzone il Cadore conquista i Modena

Un anno fa tre ragazze di Santo Stefano hanno sposato tre profughi La loro storia è diventata una hit del nuovo album della band emiliana
Di Stefano Vietina

SANTO STEFANO DI CADORE. «Le strade di montagne confidano nei ponti. E questa bella storia di Santo Stefano di Cadore è una metafora della vicenda umana: l'amore che vince sul dramma, il coraggio che difende una scelta forte, anche dinanzi allo scetticismo di tanti benpensanti».

Massimo Ghiacci, storico bassista dei Modena City Ramblers, racconta così la scelta di ritagliare una vicenda di cronaca e farne una canzone. Rilanciandone, in questo modo, il messaggio universale. La vicenda è quella di tre ragazzi scappati dall'inferno della Libia e giunti due anni fa a Santo Stefano di Cadore: la storia di Sainey, Ousmane e Jude Thaeddeus che il 24 marzo 2012 nel municipio di Santo Stefano di Cadore hanno sposato Veronica, Marika e Chiara, tre ragazze del posto.

«La notizia mi aveva colpito quando l'avevo letta su un quotidiano nazionale – spiega Ghiacci – poi alla fine della scorsa estate, al momento di dar vita al nostro nuovo album “Niente di nuovo sul fronte occidentale (uscito a febbraio, n.d.r.), l'ho ripescata da internet».

E come è nata la canzone? «Musica e parole sono scaturite di getto, in una giornata, poi l'abbiamo arrangiata. Il pezzo ha una sua struttura ben precisa che si evolve: c'è all'inizio la descrizione della cerimonia, con un ritmo che definirei “ska folk”, ricco di suggestioni gioiose legate alla nostra idea della musica africana; poi un inserto reggae-rap, una parte centrale con cambio di voce, a indicare l'anima più oscura della società che nega il cambiamento, che si arrocca; e la parte finale, in cui spieghiamo che questo viaggio presenterà anche nubi ed ostacoli e che ci vorrà coraggio. Una sottolineatura che avevo colto nelle parole del sindaco di Santo Stefano».

Ed è proprio Alessandra Buzzo, primo cittadino di Santo Stefano, ma anche e soprattutto mamma di Chiara che ha sposato Jude Thaeddeus, ad aver intercettato con una certa emozione la nuova canzone dei Modena City Ramblers sul canale Youtube.

«È stato così bello – spiega - sentire il racconto fatto da lontano di quello che noi abbiamo vissuto direttamente e la poesia con cui questa band ha saputo rappresentare la nostra storia. È come se il messaggio che è partito da qui un anno fa oggi si sia ampliato a dismisura, sia diventato universale: io credo moltissimo nei ponti che uniscono e mi piacciono molto le parole 'lancia il riso e balla', a significare che dobbiamo credere nell'umanità, che avremo un futuro migliore».

I Modena City Ramblers sono universalmente noti per aver scritto “I cento passi”, la canzone che ha fatto da colonna sonora al film omonimo dedicato a Peppino Impastato, vittima della mafia nel 1978. Una canzone che ha ben presto valicato i confini della pellicola cinematografica per diventare l'inno di chi si oppone ad ogni forma di sopruso della criminalità organizzata. Esplicito anche il loro appoggio all'associazione Libera di don Ciotti. La loro musica ha quindi una forte valenza sociale ed anche questa storia del Cadore si inserisce perfettamente in questo filone.

«Il nostro nuovo album si confronta infatti – spiega Massimo Ghiacci - con i temi di attualità che presentano, come questo, una grande forza simbolica. Legati alla realtà della nostra società italiana che cambia, con le sue sfide e le sue problematiche. Così, abbiamo ripreso questa storia ed abbiamo provato a scriverla, andando oltre la cronaca e rivestendola con la nostra visione artistica».

Un'operazione che, ci tiene a sottolineare, “svolgiamo sempre come gruppo”.

«Per noi insomma - chiude Ghiacci - quella vicenda privata è un esempio di grande coraggio, da parte di giovani che si sono trovati in enormi difficoltà ed hanno saputo uscirne con l'amore e la solidarietà. Un atto di eroismo che meritava una canzone anche perché tutta questa vicenda esprime una fortissima impronta poetica».

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