Tra Venas e Cibiana un ponte atteso da 22 anni

Promessi da Andreotti , i lavori furono consegnati nel 1991 ma non partirono mai Ora il sindaco Eusebio Zandanel torna alla carica, con l’appoggio di Messner
Di Francesco Dal Mas
29/04/2008 XVI LEGISLATURA ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE DEL SENATO. NELLA FOTO IL SENATORE A VITA GIULIO ANDREOTTI
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CIBIANA. Fa quasi sorridere il sindaco di Cibiana, Eusebio Zandanel, quando si appella al nuovo Governo e in particolare al ministro alle infrastrutture, Lupi, perché il ponte tra Venas e Cibiana possa vedere finalmente la luce.

Fa sorridere perché c’era ancora lui quando il Consiglio comunale di Cibiana approvò il progetto e nel 1991 fu consegnato all’impresa perché lo costruisse.

Da allora sono passati 22 anni e non è successo niente. Se non che l’opera che allora costava 6 miliardi di vecchie lire oggi richiede un investimento di 20 milioni di euro.

Ma c’è di peggio da mettere in conto. In realtà sono ben 57 anni che si parla di questo ponte e che si è andati indietro, anziché avanti. Ricordate le olimpiadi invernali di Cortina d’Ampezzo? È dal 1956 che si parla di un collegamento più adeguato e sicuro tra Venas e Cibiana.

Già allora si prospettava una puntuale ristrutturazione della strada statale 347, quella appunto per Cibiana e lo Zoldano. Per la verità, già allora, ci vollero 16 anni per far maturare la decisione – nel 1972 – di procedere con uno studio progettuale. E solo nel 1976 maturano le prime proposte del nuovo ponte. È comunque del 1981 l’ordine del giorno del consiglio comunale di Cibiana di affidare all’ingegner Galli di Belluno la predisposizione di un vero e proprio progetto. L’anno successivo il compito passa di mano: all’ingegner Tommasini.

Tre anni dopo, nel 1985, la proposta trova il consenso del consiglio comunale di Cibiana. Che, per la verità, decide anche per Valle di Cadore; infatti è interessata la frazione di Venas. Niente male, comunque; si va avanti. La commissione dei beni ambientali, in Provincia, dà il proprio benestare. E nell’agosto di quell’anno, c’è una visita importante in paese: l’allora vescovo Ducoli porta Andreotti a visitare i murales. Andreotti non si fa pregare due volte e assicura il Comune che il nuovo ponte si farà. Ecco, infatti, che nel 1988 i ministeri competenti approvano lo studio progettuale.

L’anno successivo il consiglio di amministrazione dell’Anas lo inserisce nel suo programma di nuove opere. Il 27 febbraio 1991 il lavoro viene appaltato, il 19 luglio l’opera è affidata ad un’associazione di imprese di Roma.

È fatta. Invece no. Il 1° settembre dello stesso anno la Soprintendenza si accorge che c’è bisogno di qualche correzione. Tre anni dopo, il 31 maggio 1994, la Fercea di Roma, rescinde il contratto che aveva con l’Anas. Passa un anno e l’appalto viene assegnato alla Asfalti Fintex di Bologna. Passa ancora un anno e il 18 luglio 1996 i lavori vengono effettivamente consegnati. Ma l’impresa chiede una leggera correzione del progetto: per motivi di maggiore stabilità suggerisce di spostare il ponte di 15 metri. No, già che ci siamo – obietta l’Anas, un anno dopo – trasferiamo di 200 metri. Non l’avesse mai proposto (e descritto in un nuovo progetto).

La Soprintendenza di Venezia lo stoppa. Il motivo? Per una inaccettabile cesura della quinta scenografica sul Monte Pelmo. Si arriva al 1998 e d’accordo con la stessa Soprintendenza l’Anas incarica un progettista per uno studio di mediazione. Il parere favorevole di Venezia arriva nel 1999. Nel 2000 l’Anas pubblica il bando per il progetto esecutivo, ma l’ex progettista fa opposizione e ricorre al Tar, che dopo un anno gli dà ragione. Intanto il 1° gennaio 2001 la strada statale diventa provinciale e successivamente passa alla società “Veneto Strade”. Da 12 anni, in faccia al federalismo stradale, tutto è fermo.

Il sindaco Guido De Zordo prima e il successore, poi, ancora Eusebio Zandanel, ce la mettono tutta per una possibile alternativa alla Macchietto-Venas. Ma Pieve di Cadore dice di no. E, comunque, mancano i soldi. Dove trovare 20 milioni di euro? Zandanel, tuttavia, non vuol rinunciare al sogno nel cassetto di tanti cibianesi. Anche Reinhold Messner, il noto alpinista, è sceso ripetutamente in campo per sollecitare l’infrastruttura. Niente da fare. Ha fatto la sua parte anche Matteo Toscani, vicepresidente del consiglio regionale. Neppure lui è riuscito a spuntarla.

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