«Torno ad Agordo per ritrovare me stesso»

di Michela Fregona
AGORDO
Che sia uno che, quando decide una cosa, la persegue con un rigore certosino si capisce bene dai due episodi che lo hanno trasformato, in breve, da studente universitario in giovane rivelazione italiana della chitarra. Con tanto di cd, musica scritta di suo pugno e un tour solo in borghi scelti tra le più suggestive realtà della Penisola.
«Il disco di Tommy Emmanuel me lo sono trascritto nota per nota, quando l'ho sentito: ci ho messo una vita – racconta Giovanni Baglioni – ma le cose a cui tengo le faccio, e per saper fare quelle note che sentivo dovevo per forza passarci attraverso».
E questa è una storia. L'altra riguarda il secondo chitarrista determinante per la sua carriera: Pino Forastiere.
«In internet mi sono imbattuto nel suo sito, e in alcune interpretazioni: aveva una tecnica tutta particolare. A un certo punto, in un brano, c'era una nota, che sentivo, che lui però non stava suonando nel video. Ci ho pensato per due settimane. Poi mi sono deciso: gli ho scritto. È diventato il mio maestro per tre anni, ed è stato tramite lui che ho conosciuto Michael Hedges».
Giovanni Baglioni ha 29 anni, e da una decina ha scelto la chitarra: ogni pezzo della sua carriera se l'è scelto e costruito. Lontano dalle ribalte di (tanto) padre. Facile rimanere fuori dalle logiche de "il figlio di Baglioni"?
«Questa me la chiedono un sacco di volte... Insomma: il 99,9% di chi mi ascolta, quando mi vede, non sa chi sono. Ma uno ha prima di tutto a che fare con sé stesso, e io credo che bisogna cercare per sé qualcosa di appagante. Una volta iscritto a Giurisprudenza, l'ho fatto con serietà. Per dire: ho iniziato rifiutando due volte di fila un ventisei...».
Giovanni Baglioni secchione?
«No: ma non sono mai andato a scuola senza studiare perché mi fa orrore l’idea di essere colto impreparato. All'Università ho fatto metà esami, ma poi mi sono sentito un po' inadempiente. Nel frattempo era cresciuto altro: le prove, i concerti, lo stare in giro. Dall'Università mi sono ritirato. La musica non era all'inizio un lavoro, già adesso un po' sì. Perché se la chiamo così, mi sento male. Comunque non è detta l'ultima: in fondo, mio padre si è laureato a cinquant'anni».
In tour con Mario Biondi: riassunto.
«Era essere guest star sempre. Meraviglioso, ma...».
Ma?
«...ma intanto sono andato lungo con il mio secondo disco; e mi sentivo stretto. Allora ho cambiato. Ho cercato un dialogo. Ed è nato lo spettacolo con i Vick Frida: gruppo toscano, molte energie. Una pop band elettronica. Ci siamo corteggiati musicalmente per tre anni. E così è nato "D'istanti non distanti - legno e fiato tra onde quadre": il racconto di un percorso di reciproca conoscenza. Lavorare con loro mi ha dato un senso di unione: ne avevo bisogno, perché la musica come fatto interiore tra musicisti me la stavo perdendo».
In rete hai una pagina ufficiale, una non ufficiale, sei su Facebook. Quanto c'è di rumore e quanto, invece, di interessante?
«Voglio stare con le persone, ma alla mia maniera. Però quando qualcuno mi scrive un bel messaggio, non posso nascondere che mi fa piacere. È una questione di entusiasmo. Ad esempio: nel 2004 ho frequentato a Castelbrando il primo seminario con Tommy Emmanuel. Che coincidenza: a un anno di distanza dal momento in cui avevo sentito per la prima volta il suo disco, scopro che questo chitarrista era in Italia, teneva un corso e io, in quel periodo, stavo ad Agordo. Non potevo non andarci. Ecco, la prima cosa che mi ha sorpreso è stato vedere che c'erano altri ragazzi come me che si erano iscritti. Come dire: è stata quasi più una scoperta sociale che musicale, ma mi ha mosso qualcosa di importante».
Domanda di rito: ma i tuoi genitori che pensano quando ti vedono in tour con Mario Biondi o quando ti sanno in giro con il tuo gruppo o la tua musica?
«Beh, sono orgogliosi. Mia madre è più esplicita, perché lo è di carattere e, in più, vivendo insieme a lei c’è più occasione di commento, di confronto quotidiano. Con mio padre il dialogo non è così continuo e frequente. Per i miei brani ha avuto commenti non ampi, ma significativi: è come si esprime lui quando gli piace qualcosa»
Quest'estate hai suonato a Falcade, ospite del concerto di Alvise Bortolini.
«Sì, e ci ho suonato con un orgoglio particolare: questo è stato l'anno della riscoperta di questa terra. Ci sono sempre venuto ma, ultimamente, l'avevo presa un po' sottogamba. Invece quest'anno me la sono gustata: c'è un rapporto di familiarità… tale che mi fa sentire a casa».
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