Tabià Palazza, danni ingenti per la slavina / FOTO

Rocca Pietore. I gestori parlano di decine di migliaia di euro. «Abbiamo dovuto licenziare sei persone»

ROCCA PIETORE. Finestre, porte, arredi interni, elettrodomestici e la cucina: «Parliamo di danni per decine di migliaia di euro», la sconsolata stima di Olga De Cassan, con il marito titolare del rifugio Tabià Palazza. «La scorsa settimana siamo finalmente riusciti, dopo diversi tentativi, a raggiungere il nostro rifugio, ma è bastato uno sguardo per capire che la nostra stagione si è già chiusa, con due mesi di anticipo. Ma al di là dei danni subìti, che sono ingenti, il rammarico è anche e soprattutto per il nostro personale: sei persone che erano state assunte per la stagione e che abbiamo purtroppo dovuto licenziare. Solo per rimuovere tutta la neve che è stata portata dentro il rifugio dalla slavina serviranno giorni, se non settimane, impensabile riaprire l’attività».

A quasi due settimane dalla valanga che ha messo in ginocchio il comprensorio sciistico ai piedi della Marmolada (danneggiando seriamente la seggiovia Capanna Bill-Passo Padon e lo skilift Aeri2) l’emergenza non è ancora terminata. Solo a inizio settimana, infatti, l’intervento dei mezzi spazzaneve ha reso nuovamente tornata transitabile la strada che porta a località Capanna Bill, mentre gli ultimi due chilometri che salgono al passo Fedaia e all’omonimo rifugio restano ancora sepolti sotto oltre due metri di neve.

«Per fortuna la struttura portante del rifugio è in cemento e ha retto», prosegue Olga De Cassan, «ma il danno più ingente resta quello al turismo della valle».

Stessa preoccupazione, circa due chilometri più in alto, nelle parole di Giorgio Da Pian, titolare del rifugio Passo Fedaia, ancora bloccato dalla neve con 7 dipendenti. «Per fortuna abbiamo viveri e corrente, il riscaldamento funziona, ma temo che ci vorranno ancora diversi giorni prima di poter scendere da qui. Approfittando di una schiarita l’altro ieri abbiamo provato a scendere a piedi, ma è stato impossibile percorrere più di una decina di metri con tutta questa neve: in certi punti è alta ancora tre metri. Il pericolo valanghe, poi, è effettivamente diminuito, sembra che i cumuli nevosi si siano stabilizzati, ma non è certo sparito».

Ai piedi della Marmolada, comunque, si cerca di salvare il salvabile. «In questi giorni ho visto i tecnici degli impianti al lavoro, hanno tolto i cavi dello skilift che erano caduti sulle piste e, mi sembra, rimosso i piloni di sostegno della seggiovia e dello skilift che erano stati divelti dalla valanga», prosegue Da Pian. «Ho sentito che domenica dovrebbero riattivare almeno i tre tronconi della funivia Marmolada, chiusa ormai da una decina di giorni. Sicuramente una buona notizia, ma questo non potrà compensare il danno al comprensorio sciistico, che resta semplicemente enorme».

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