Sul Grappa è emergenza cinghiali

Sempre più numerosi, devastano campi e raccolti: «Danni incalcolabili»
Un campo dissestato dopo il passaggio dei cinghiali
Un campo dissestato dopo il passaggio dei cinghiali
 SEREN DEL GRAPPA.
Dove passano loro non cresce più niente. L'invasione di cinghiali nell'area del monte Grappa torna attuale per colpa delle scorribande di questi suini selvatici che devastano raccolti e campi, sono l'incubo dei contadini e si aggirano indisturbati in incursioni notturne continuando a moltiplicarsi. A Seren ormai è emergenza: hanno raso al suolo 50 quintali sulla coltivazione di mais di un'azienda agricola e colpito terreni in gran parte comunali ma anche privati. Dalle alture al fondovalle i danni non si contano nemmeno e Damiano Rech, ex consigliere di lunga esperienza, lancia l'allarme che riguarda anche le zone di Alano, Quero e Cismon del Grappa sull'eco di numerose segnalazioni di cittadini disperati e inermi. Sono migliaia gli ettari distrutti a macchia di leopardo in tutta l'area del massiccio.  Su come combattere il selvatico invasore, le soluzioni sarebbero quelle di «intensificare i pascoli ovicaprini ovunque sia possibile», visto che i cinghiali difficilmente si avvicinano alle greggi in una sorta di incompatibilità simile a quella tra topi ed elefanti, e di «incrementare gli abbattimenti selettivi, compito che spetta alla Provincia». Non solo: secondo l'ex consigliere Rech andrebbe stanziato a livello di istituzioni sovracomunali un fondo a copertura dei danneggiamenti. «La legge attribuisce il compito di risarcire i danni alla Regione, ma questa continua a rimanere indifferente». L'obiettivo è salvaguardare l'ambiente mantenendo l'equilibrio naturale.  Anche se «ormai è troppo tardi per sradicare la presenza del cinghiale, questo non significa esimersi dall'obbligo di arginare un fenomeno che sta massacrando un'estensione enorme di superficie dove l'attività agricola non potrà più essere svolta, dissestando per sempre vaste aree delle nostre montagne», aggiunge Rech. Sul piano agronomico infatti, «i danni sono incalcolabili, perché gli ultimi lembi di prato-pascolo che hanno resistito all'avanzare della vegetazione e delle piante infestanti sono resi irrecuperabili. Con ripercussioni gravi anche sull'ecosistema ambientale, paesaggistico, idrogeologico e perfino faunistico venatorio poiché va a scapito di tutte le altre specie di ungulati, come cervi e caprioli».  Responsabile, il cinghiale, «ma prima ancora coloro che hanno introdotto e liberato da circa quindici anni questo suino selvatico che si spinge ora in montagna fino al limite della vegetazione arborea e sta aumentando in modo esponenziale, favorito dall'abbandono dell'attività agricola, dei prati e dei pascoli», spiega Rech. Da almeno un secolo non si ha notizia della presenza del cinghiale nella nostra provincia e in quelle limitrofe e «pertanto è convinzione diffusa che siano stati alcuni incoscienti cacciatori ad acquistarlo da allevamenti di altre regioni e ad introdurlo abusivamente».  

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