Smantellato il Mandala dei monaci tibetani

AURONZO
Grande attenzione ha destato ad Auronzo la costruzione del Mandala di pace, realizzato da quattro monaci tibetani, ospitati per quattro giorni in municipio, all’interno della rassegna per le scuole medie e superiori “Il mondo è vostro. Potete cambiarlo”, organizzata dall’assessorato alla cultura del Comune e dalla biblioteca.
Ieri a mezzogiorno, in una sala gremita di studenti, cittadini e curiosi, si è svolta la cerimonia di distruzione del Mandala, un’opera d’arte fatta di sabbie colorate e caratterizzata da figure di animali, esseri umani e simboli tibetani. Dopo aver recitato le preghiere di rito, i quattro monaci hanno “cancellato” l’opera, spostando con dei pennelli tutte le sabbie verso il centro e consegnando poi ai presenti un sacchettino contenente la sabbia utilizzata, che equivale ad una sorta di benedizione nei rituali buddisti.
La cerimonia di distruzione del Mandala, per la cui realizzazione i quattro monaci hanno lavorato per tre intere giornate, dopo aver preparato in India le sabbie per un altra settimana, è stata anticipata da un dibattito nel quale i 4 monaci tibetani, provenienti dal monastero Gyud Med Tara Temple in India, insieme a Gelek Yakar, direttore del “Centro di cultura tibetana in Italia” hanno risposto alle domande degli studenti e del pubblico. Introdotti dall’assessore Tatiana Pais Becher, con la traduzione di Yakar che, nato in India da genitori tibetani, da dieci anni vive a Milano, i monaci hanno spiegato i significati del Mandala, ricordando il viaggio che hanno compiuto intorno ai 17 anni per scappare dal Tibet e andare in India a studiare la filosofia, la cultura e la tradizione del loro popolo.
Hanno camminato per un mese di notte, attraversando le montagne del Tibet e il Nepal, prima di arrivare in India, con il rischio di morire se scoperti dalla polizia del regime cinese. Yakar ha sottolineato che i tibetani scappano dal loro paese, occupato militarmente dalla Cina nel 1959, per trovare quella libertà che manca in Tibet, dove anche i monasteri sono controllati. «Stiamo cercando di avere una convivenza pacifica con il governo cinese, ma finché ci sarà questo regime sarà impossibile», spiega Yakar «Abbiamo una terra da dividere con la Cina. Cerchiamo un’autonomia, non l’indipendenza».
Durante il dibattito è stato anche proiettato uno stralcio del film, curato dallo stesso Gelek Yakar, “The forbidden team”, sulla squadra di calcio del Tibet, allenata da un tecnico danese.
Laura Bergamin
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