Si uccide a 19 anni nel Maè doveva dare un esame al liceo

L’allarme è scattato l’altra sera, decine di uomini lo hanno cercato per quasi 24 ore un post su Facebook e un biglietto nell’auto hanno fatto subito temere il peggio

LONGARONE. Lo hanno ritrovato gli speleo-sub del Soccorso alpino, ancorato alle rocce dalla forte corrente, in un stretta insenatura profonda circa sei metri del torrente Maè.

Si sono definitivamente perse ieri pomeriggio, intorno alle 16, le speranze di ritrovare in vita il 19enne Gianmarco De Bernardin, lo studente di Zoppè di Cadore del quale si erano perse le tracce martedì sera.

Per parenti e amici l’angoscia era iniziata già nel tardo pomeriggio di martedì, quando il ragazzo, che frequentava la classe 4B del Liceo scientifico Galileo Galilei di Mussoi, non si era presentato all’esame di riparazione in matematica, che avrebbe dovuto sostenere alle 16.20. Non riuscendo a contattarlo sul telefonino, gli amici hanno avvisato in serata i familiari: la cugina che lo ospitava in un’abitazione del quartiere di Baldenich durante la settimana scolastica e il fratello maggiore, Simone. I genitori del giovane e la nonna, invece, sono stati contattati mentre si trovavano in Germania, dove la famiglia De Bernardin è titolare di una gelateria nella città di Meinerzhagen. Dopo ore di ansia e attesa, in assenza di notizie sul giovane e in presenza di un allarmante post sul suo profilo Facebook scritto proprio in quei drammatici momenti («Devi solo prendere un respiro profondo»), sono stati proprio gli amici, intorno alle 21.40, ad allertare le forze dell’ordine. Un’unica notizia certa: Gianmarco era partito poco dopo le 15 dall’abitazione di famiglia a Zoppè, per recarsi al liceo Galilei. Pochi minuti dopo il ritrovamento dell’auto del giovane, una Fiat Punto con targa tedesca, parcheggiata in uno spiazzo sulla strada 251 della Val di Zoldo e Val Cellina. Quello dal quale si accede alla passerella di Igne. In pochi istanti, verso le 22, sul posto si sono portate una volante della questura, carabinieri, vigili del fuoco e gli uomini del Soccorso alpino. L’auto del giovane era chiusa a chiave, sul parabrezza un bigliettino: parole il cui contenuto aveva da subito lasciato poche speranze ai soccorritori. Le ricerche, seppur estremamente difficoltose e pericolose considerando la zona impervia e gli strapiombi ovunque, sono proseguite fino a notte fonda, per poi essere sospese.

Ieri mattina all’alba la ripresa delle operazioni, con una quarantina di persone tra polizia, carabinieri, vigili del fuoco, intervenuti con i nuclei Saf (Speleo alpino fluviale) di Belluno e di Treviso, con cinque sommozzatori del Comando di Vicenza e con l’elicottero del Reparto volo di Venezia, che in mattinata ha ispezionato l’intera zona dall’alto, e gli uomini del Soccorso alpino con i nuclei di speleo-sub di Vicenza e Verona.

Una prima traccia indicativa, purtroppo, è stata trovata dai soccorritori già in mattinata quando, dopo il recupero delle scarpe del giovane, alcune tracce di sangue sono state rinvenute sulle pietre della forra al cui interno scorre il torrente Maè, circa 120 metri sotto la passerella di Igne. A quel punto c’erano pochi dubbi sul cosa era realmente successo: un tragico gesto, l’ennesimo dramma della disperazione a Igne. Solo dopo diverse ore, trascorse dagli uomini del Soccorso alpino e dai vigili del fuoco a lottare contro le proibitive condizioni ambientali e contro la forte corrente del torrente, il rinvenimento. Il corpo del giovane era una trentina di metri più a valle rispetto alla passerella, a una ventina di metri dal luogo del tremendo impatto, dove erano state trovate le tracce di sangue. Una posizione così angusta da richiedere un’altra ora e mezza per estrarre il corpo di Gianmarco De Bernardin, imbarellarlo e recuperarlo con le corde, direttamente dalla passerella. Ad attendere il recupero, sul posto, il medico legale, che dopo la perizia ha affidato il corpo al carro funebre.

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