Scompenso cardiaco curarlo a casa si può

Dimissioni protette, autocura, miglioramento della qualità della vita e riduzione dei ricoveri impropri. Si può fare anche per lo scompenso cardiaco, sindrome che quanto a ospedalizzazione incide poco meno dei ricoveri per parto. E i risultati si vedono, al Santa Maria del Prato che ha adottato un modello innovativo per la gestione domiciliare o integrata del paziente affetto da sindrome cronica e progressiva dello scompenso, confermandosi sito pilota per la regione Veneto con le città di Trieste e Klagenfurt nell’ambito del progetto Interreg, a valenza triennale, e beneficiando di 368 mila euro di finanziamento europeo. Un modello che come hanno detto ieri il direttore generale dell’Usl Dolomiti Adriano Rasi Caldogno e il ds Giovanni Maria Pittoni, è in sintonia con le evoluzioni sanitarie e con la programmazione futura che dovrà tenere sempre più in considerazione la cronicizzazione delle malattie e gli indici di invecchiamento.
PROGETTO DINAMICO
A partire da settembre dell’anno scorso, il nucleo operativo costituito dai primari di Cardiologia Aldo Bonso, di medicina Livio Simioni e di Nefrologia Andrea Banderas con la project manager Francesca De Cian, ha selezionato 66 pazienti partendo dagli ospedalizzati con lo scopo di orientare e personalizzare le cure, migliorare la qualità della vita e nello stesso tempo evitare ricoveri impropri. Di questi 26 sono in carico all’ambulatorio per lo scompenso in cardiologia, 23 sono avviati agli ambulatori dei reparti per correggere le malattie concomitanti. E tre sono stati avviati a Cure palliative per il fine vita. Per 14 pazienti si è garantita l’assistenza domiciliare integrata.
Ma quello che risalta dai dati resi noti ieri dal distretto ospedaliero di Feltre e dalla cardiologa De Cian, è che nonostante le riacutizzazioni della sindrome, «i ricoveri ospedalieri si sono potuti ridurre del 10,2 per cento a fronte di una riduzione dei ricoveri totali in tutti i reparti dello 0,94 per cento. Si documenta anche una riduzione del 30 per cento dei re-ricoveri».
Il paziente con scompenso cardiaco è trattato, salvo casi particolari, al domicilio, attraverso un sistema ben strutturato. Tutti i pazienti scompensati, ossia almeno il 10 per cento dei soggetti con più di settant’anni, una volta documentati come tali dai medici della cardiologia di Feltre, sono presi in carico prima dall’infermiere ospedaliero che insegna l’autocura e l’autocontrollo dei parametri vitali, e poi da quello della post-acuzie, a dimissioni avvenute. Proprio quest’ultimo affianca il paziente, come referente primo, tramite contatti telefonici frequenti. Al paziente domiciliare, o al familiare che lo assiste, si chiederanno informazioni sul peso, sulla diuresi, sulla corretta assunzione dei farmaci, sulla pressione arteriosa, sulla frequenza cardiaca.
Alle prime avvisaglie che c’è qualcosa che non va, l’infermiere avvisa il medico di base che cercherà di riportare nei limiti i parametri fuori norma aggiustando la terapia. Se anche questo non dovesse produrre effetti, prima di disporre il ricovero, è previsto un passaggio all’ambulatorio dedicato, quello dello scompenso cardiaco. –
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