«Scagionati dall’inchiesta sul Da Vinci»

BELLUNO. I docenti fuori dalla porta. I professori dell’istituto scolastico Leonardo Da Vinci di Belluno tengono a sottolineare di non essere proprio entrati nell’aula delle udienze preliminari del tribunale di Belluno, dove invece hanno patteggiato due rappresentanti della scuola in cui lavorano o lavoravano, dopo il risarcimento dei danni alla Regione Veneto per i corsi fantasma. Quelli coinvolti nell’inchiesta portata avanti dal sostituto procuratore Simone Marcon erano sei, ma nessuno è stato rinviato a giudizio e, quindi, processato. Un paio di loro sostiene di essersi recato al Comando provinciale della Guardia di finanza di via Mezzaterra, a far valere le proprie ragioni, giurando di non c’entrare niente e di essere stati usati dalla scuola.
La vicenda è quella dei finanziamenti illegittimi richiesti dall’istituto e ottenuti dalla Regione Veneto per dei corsi di formazione. Secondo l’accusa, la scuola aveva presentato all’ente la richiesta di contributi con dati non veritieri sul numero dei partecipanti in maniera da ottenere più soldi. In fondo alle domande, c’erano anche i nomi dei docenti, che devono essere riusciti a dimostrare di essere all’oscuro di questa operazione. Un altro meccanismo poteva essere quello di cambiare i nomi dei corsi: per esempio, se un corso d’inglese base, diventa avanzato, può scattare un contributo superiore.
La segnalazione sarebbe arrivata Procura di Belluno direttamente dalla Regione: una volta erogato il contributo illegittimo, i funzionari veneziani hanno incrociato i dati, scoprendo che qualcosa non funzionava. Non tutto tornava. Ecco perché, due anni fa, Marcon ha mandato le fiamme gialle negli uffici della scuola. Scattano tre avvisi di garanzia nei confronti del preside, di un insegnante e di un addetto alla segreteria. Le ipotesi di accusa contestate ai tre indagati erano pesanti: truffa ai danni dello Stato e falso in atto pubblico.
Dopo il rinvio a giudizio, in due sono comparsi davanti al gup Vincenzo Sgubbi, scegliendo la via del patteggiamento. Niente per l’insegnante. C’era già stato un risarcimento danni e la cifra sarebbe importante. Non ci sono certezze né sulla pena patteggiata né sul quota del risarcimento, ma la Regione deve aver riavuto indietro quello che le spettava. I professori ribadiscono di non avere responsabilità. Soprattutto quello che, in un primo momento, era tra gli indagati. (g.s.)
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