Sassi sulla Cavallera, chiusa la strada tra Perarolo e Pieve
Si cerca di liberare in breve tempo tutta la carreggiata. La sindaca Manushi: «La Ss51 andava messa in sicurezza»

Ci mancavano solo i sassi sulla Nsa 309, la strada della Cavallera, unica alternativa all’Alemagna del Ponte Cadore, per dire di quanto sia disgraziata la statale 51. Ieri, mentre Croda Marcora a San Vito di Cadore continuava scaricare, l’Anas è stata costretta a chiudere il tratto di ex Alemagna compreso tra il km 67 e il km 70,700 tra i Comuni di Perarolo e Pieve di Cadore.
Il motivo? Dal versante a monte piovevano sassi. In ordine sparso. La montagna in alto, però, è un’osservata speciale. Nel passato ha già dato analoghi problemi. Sul posto, sono intervenute le squadre Anas per la pulizia del piano viabile “per consentire il ripristino della normale viabilità nel più breve tempo possibile”.
La strada della Cavallera è molto frequentata dai cicloturisti e dai motociclisti. I suoi tornanti sono davvero invitanti. «Ma», osserva il sindaco di Perarolo, Pierluigi Svaluto Ferro, «se fosse per il Comune, quella strada andrebbe chiusa con dei tornelli per impedire, ad esempio, che a volte si organizzino delle gare fra centauri».
A suo avviso, i bikers della ciclovia Monaco-Venezia, che arrivano da mezza Europa, potrebbero essere lasciati transitare sul tratto più sicuro di ferrovia dismesso che corre sotto la zona dei distacchi in galleria.
La Nsa 309 viene tenuta in esercizio perché di fatto è l’unica alternativa alla statale di Alemagna qualora si bloccasse il ponte Cadore. Altrimenti per raggiunge il Cadore o Cortina dal Bellunese bisognerebbe salire da Longarone per lo Zoldano e affrontare, da una parte, il passo Cibiana (strada molto stretta) o dall’altra i passi Staulanza e Giau. E al contrario, ovviamente, per chi scende.
Ieri intanto sono ripresi i distacchi dalla sommità di Croda Marcora, come peraltro era accaduto anche sabato sul far della sera. «Si tratta di movimenti di dimensioni contenute», spiega il sindaco di San Vito, Franco De Bon, «che i nostri geologi hanno previsto. Dalla parte alta del Marcora si sono fino ad oggi distaccati circa 10 mila metri cubi, ma probabilmente altri 3-5 mila potrebbero essere nelle condizioni di frantumare a terra. Ognuno di questi movimenti viene monitorato dal radar dell’università di Firenze che di ora in ora constata che cosa accade in alto, facendo scattare l’emergenza, insieme agli altri sensori, in caso di particolari situazioni di pericolo».
Tra sabato e domenica hanno suscitato un vivace dibattito anche le rimostranze dell’ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, per le due ore di coda a Pian di Vedoia. Prima di organizzare le Olimpiadi – si è chiesto Cacciari e l’hanno seguito tanti altri nei social – non era il caso di rendere più sicura e transitabile la statale?
Sindi Manushi, sindaco di Pieve di Cadore e consigliere provinciale, annuncia che presenterà a Palazzo Piloni una serie di interrogazioni per mettere sotto processo quanti, in questi anni, non si sono preoccupati di garantire la massima sicurezza all’unica statale che raggiunge Cortina e le Dolomiti, per chi proviene da Venezia. «La Regione», si chiede la sindaca, «verificate le colate di Acquabona e di Cancia, ancora una decina di anni fa, perché non si è adoperata per garantire le necessarie opere strutturali? E i vertici della Provincia», insiste la consigliera del Pd, «che cosa di concreto stanno facendo ai di là di chiedere 12 milioni per Cancia e di commissionare il monitoraggio di San Vito?».
L’assessore regionale Gianpaolo Bottacin ricorda che ancora in vista dei Mondiali di sci l’Anas aveva sviluppato un piano che aveva individuato tutte le criticità dell’infrastruttura, comprese quelle idrogeologiche, «ma si è andati avanti solo con le varianti di fluidificazione». A parte l’intervento di Acquabona. E quello prossimo sul Fadalto.
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