Sarà Carmine Abate ad aprire Pordenonelegge

Il vincitore del Campiello al festival della letteratura che comincia il 19 settembre
Il vincitore della Cinquantesima edizione del Premio Letterario Campiello, Carmine Abate ("La collina del vento", Mondadori), posa col premio appena ricevuto sul palco del gran teatro La Fenice, Venezia, 1 settembre 2012. ANSA/ANDREA MEROLA
Il vincitore della Cinquantesima edizione del Premio Letterario Campiello, Carmine Abate ("La collina del vento", Mondadori), posa col premio appena ricevuto sul palco del gran teatro La Fenice, Venezia, 1 settembre 2012. ANSA/ANDREA MEROLA

VENEZIA. Il Supervincitore del Premio Campiello, Carmine Abate, aprirà mercoledì 19 settembre Pordenonelegge, la festa del Libro con gli Autori che dedica la serata inaugurale alla 50a edizione del premio promosso da Confindustria Veneto. Abate, autore de “La collina del vento” (Mondadori), sarà protagonista di una conversazione con lo scrittore Raffaele Silvano Nigro. Fra gli ospiti d’onore dell’inaugurazione, nel pomeriggio, lo scrittore Niccolò Ammaniti. Il giorno dopo, come da tradizione, al festival anche un incontro dedicato al Campiello Giovani vinto, nell’edizione appena conclusa, da Martina Evangelisti, 20 anni, di Ravenna, con il racconto “Forbici. I finalisti del Campiello Giovani incontreranno gli studenti delle scuole di Pordenone e il pubblico. Interverrà lo scrittore Marco Missiroli, premio Campiello Opera prima nel 2006, tra i finalisti della 50a edizione con “Il senso dell’elefante” (Guanda).Carmelo Abate, dopo le battute a caldo con il Premio campiello in mano, ieri detto che “La collina del vento” «è piaciuta perchè dà speranza». Ha vinto con 40 voti in più di Francesca melandri. «Non mi aspettavo un distacco così. Forse uno dei più grandi di questi ultimi anni. Con me ha vinto la famiglia Arcuri, una rarità nel sud di oggi. Vorrei che ce ne fossero tante di famiglie così. Gli Arcuri non si sono arresi di fronte al fascismo, alle intimidazioni mafiose o a quelli che costruiscono pale eoliche» dice Abate. La memoria, il rapporto con le proprie radici, la difesa del territorio sono al centro del romanzo ambientato sulle pendici del Rossarco, enigmatica altura a pochi chilometri dal mar Ionio, quella «collina del vento», luogo sacro delle origini delle famiglia Arcuri che dagli inizi del Novecento a oggi non si piega davanti a nulla.

«Quando scrivo non so mai come va a finire la storia. Credo che i lettori si siano emozionati e sorpresi con me. E poi, la parte finale è piena di colpi di scena. Dal nord al sud Italia i lettori hanno apprezzato questa storia. La difesa della propria terra è un tema che diventerà sempre più importante. Non possiamo consegnare luoghi moribondi ai mostri figli» sottolinea Abate che è originario di Carfizi e appartiene alla comunità albanese arberesh che vive in Calabria, ma da giovane è stato costretto ad emigrare ad Amburgo e ora vive in Trentino. «Con la Calabria - dice lo scrittore - ho un rapporto passionale. Quando penso alla mia condizione capisco che sono una persona fortunata. Sono stato costretto a partire ma ho trasformato questa ferita in una ricchezza. Oggi mi piace vivere per addizione. Appartengo a una minoranza etnico-linguistica albanese e da piccolo non parlavo italiano. Ho valorizzato le mie radici antiche ma cerco di curare le radici nuove che mi nascono sotto i piedi, in Germania, in Trentino. Questo vuol dire vivere per addizione e non ho più nostalgia del mio paese d’origine perché è sempre dentro di me«.

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