Safilo, quattro giornate di stop della produzione

LONGARONE. Quattro giornate di stop produttivo nel mese di febbraio alla Safilo di Longarone. Prendono corpo le iniziative messe in campo dal gruppo per far fronte al calo produttivo di questi mesi e per salvaguardare 206 posti di lavoro nella fabbrica longaronese. Il calo produttivo mette a rischio ben 350 posti tra le varie sedi italiane e la quota maggiore riguarda appunto il Bellunese.
I sindacati, intanto, hanno iniziato il confronto con l’azienda per cercare le misure adatte a scongiurare gli esuberi. Tra le ipotesi ci sono il part time su base volontaria, la gestione non più su due turni ma a giornata della produzione e la cassa integrazione. Su queste ipotesi si sta muovendo attualmente la società, cercando i volontari per il part time. L’esito della consultazione sarà comunicato martedì ai sindacati nelle assemblee già all’ordine del giorno.
Se per Longarone si cercherà di gestire il calo di produzione con una riorganizzazione del lavoro, lo stesso non è stato fatto in Slovenia, dove sono già arrivate oltre 200 lettere di licenziamento, e in Giappone dove la sede produttiva è stata chiusa.
La situazione di Safilo inizia a preoccupare anche i consiglieri veneti che chiedono un intervento urgente della Regione. Il consigliere del Pd, Bruno Pigozzo è il primo firmatario di un’interrogazione sottoscritta dall’intero gruppo Dem e da Cristina Guarda della Lista Amp.
«La crisi della Safilo rischia di avere effetti devastanti per i lavoratori, con più di 300 esuberi tra Padova, Longarone e Santa Maria di Sala. Dopo i roboanti annunci della proprietà, i dipendenti hanno invece dovuto fare i conti con la realtà. La Regione si faccia immediatamente carico di questo problema e istituisca un tavolo di crisi», si legge nell’interrogazione dove si evidenzia che «nessuno si aspettava una situazione simile per Safilo, anche perché lo scorso aprile l’azienda aveva dichiarato di voler produrre entro il 2020 il 70% dei propri articoli in Italia, mentre in autunno aveva annunciato la firma di accordi per allargarsi nei mercati del Sud America, dell’Asia centrale e dell’Estremo Oriente».
Parole che però adesso sono in netto contrasto con i fatti. «Safilo ha dichiarato centinaia di esuberi nelle sedi italiane: 38 a Padova, sede principale del Gruppo, tra impiegati, quadri e operai), 206 addetti alla produzione a Longarone (dove nell’aprile 2017 non era stato rinnovato il contratto a 67 lavoratori interinali) e altri 100 a Santa Maria di Sala in provincia di Venezia, che già aveva perso 61 addetti a tempo determinato nel periodo pre natalizio, a cui non è stato rinnovato il contratto. E non va meglio in Friuli, nello stabilimento di Martignacco e soprattutto a Ormož, in Slovenia, dove ben 228 degli 846 dipendenti hanno ricevuto l’avviso di licenziamento. Senza considerare la chiusura del sito produttivo a Tokio. Secondo quanto si legge», conclude Pigozzo, «la pesante crisi sarebbe da addebitare a scelte strategiche errate, nonché a un surplus produttivo che solo in Italia per il 2017 è stato del 15%. Le conseguenze però non possono ricadere sui dipendenti che non hanno responsabilità. Chiediamo alla Regione di attivarsi con urgenza, per evitare che centinaia di persone perdano il lavoro e per ottenere il reintegro di chi non si è visto rinnovare il contratto».
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