Rubano un’imbarcazione e si ribaltano nel Corlo

Arsiè, due cittadini moldavi sono finiti a processo per furto aggravato Non contenti della prima disavventura hanno tentato di prenderne un’altra
Di Gigi Sosso

ARSIE’. Rubano la barca e si ribaltano. Cercano di prenderne un’altra, con il risultato di danneggiare non solo il palo con la catena dell’approdo, ma anche la copertura dell’imbarcazione e i sedili, nel tentativo di raggiungere la zona del timone. Una giornata molto movimentata, al lago del Corlo, per due moldavi, che sono accusati di furto aggravato e tentato furto aggravato in concorso. I.C. e R.N. si sono improvvisati marinai e hanno finito per naufragare. Forse per semplice imperizia, ma secondo la parte civile soprattutto perché avrebbero bevuto qualcosa di troppo e non erano proprio in grado di navigare. Nemmeno nell’acqua dolce.

La disavventura è approdata ieri mattina davanti al giudice Domenico Riposati , che ha ammesso le prove proposte dal pubblico ministero Gianluca Tricoli e delle difesa con Daniela Papalia e Fabrizio Righes e rinviato all’udienza del 21 ottobre. In autunno, cominceranno a sfilare i testimoni in grado di riferire qualcosa sulla vicenda. Ci sarà spazio soprattutto per i due proproprietari. A proposito, uno dei due si è costituito parte civile con l’avvocato Ferdinando Coppa. Quel 19 giugno di quattro anni fa i due imputati avrebbero rotto il lucchetto della catena di sicurezza e si sarebbero impossessati della barca di Giorgio Rech, che l’aveva ormeggiata sulla riva del Corlo. Avrebbero iniziato un’escursione nello specchio d’acqua nel territorio del Comune di Arsiè, che sarebbe finita con quella che in gergo nautico si chiama scuffia. Capita quando la barca perde l’assetto e finisce per ribaltarsi, con l’equipaggio a bordo. I due uomini in barca non avrebbero riportato conseguenze significative o addirittura preoccupanti. Se la sarebbero cavata con poco, al di là dell’inevitabile paura.

Non contenti di aver rischiato di annegare, i due sarebbero tornati a riva, concentrandosi sul natante di Giulio Piconese. Avrebbero sollevato il palo dal terreno, danneggiando in un secondo momento sia la copertura che i sedili, ma senza riuscire a rientrare in acqua. A quel punto, si sono arresi, abbandonando l’idea di solcare il lago. In entrambi i capi d’imputazione, è contestata anche la violenza sulle cose.

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