Rimessa a nuovo l’ex Officina Orzes

BELLUNO. Entro Natale la grande ruota e gli antichi macchinari saranno ricollocati all’ex Officina Orzes, il fabbricato di via San Francesco a Belluno, dove, all’inizio di luglio, sono iniziati gli interventi per il recupero e il risanamento conservativo.
«Il 95% dei lavori è completato. Quindi entro la fine di gennaio contiamo di poter inaugurare l’opera terminata», spiega Orlando Dal Farra, presidente dell’Unione Montana Bellunese, ente che ha elaborato il progetto e che sei mesi fa ha consegnato i lavori alla ditta locale Tecnimpresa. Da allora si è proceduto alla completa ristrutturazione, alla realizzazione dell’impiantistica, alla manutenzione e pulizia, svolta da una ditta specializzata, delle antiche macchine, che a fine Ottocento funzionavano con il movimento prodotto dalle cinghie collegate alla grande ruota, spinta dall’acqua del torrente Ardo. Sono inoltre stati completati i due alloggi al primo piano, acquistato dall’Ater dai proprietari canadesi. I locali potrebbero essere utilizzati dai custodi della struttura, ma non è escluso che l’utilizzo possa essere diverso. L’importo complessivo dei lavori di recupero è stato di 335 mila euro, di cui 170 mila grazie a un contributo del Gal.
«Negli alloggi si è provveduto a recuperare un vecchio caminetto», aggiunge Dal Farra, «e negli interventi si è cercato di mantenere le caratteristiche originarie degli ambienti».
L’obiettivo è infatti quello di realizzare un museo nell’ex Officina Orzes, in cui potranno essere svolte anche attività didattiche. Nell’edificio era insediata un’officina meccanica per la lavorazione di metalli ferrosi e per la produzione delle spade, attiva fino ai primi anni Settanta dello scorso secolo. Il manufatto presenta elementi di indubbio interesse storico e di archeologia industriale: si tratta, infatti, di una delle ultime testimonianze delle attività artigianali che in passato sorgevano lungo l’asta del torrente Ardo. Della vocazione produttiva rimangono ancora vive varie testimonianze, come la presenza, lungo il fronte rivolto verso l’Ardo, delle predisposizioni per l’aggancio della ruota in legno e ferro azionata dalla forza prodotta dal convogliamento di parte delle acque lungo un canale attualmente interrato.
«Tutti i macchinari saranno riposizionati in questi giorni nella loro collocazione originaria», sottolinea Dal Farra. «La ruota ha un diametro di 3 metri. La dimensione è ridotta perché veniva spinta con l’acqua dal basso». Il prossimo passo sarà la creazione, insieme al Comune di Belluno, di un comitato scientifico per il nuovo “museo diffuso”.
Martina Reolon
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