Rifugi in cerca di deroghe per lo scontrino elettronico

La novità riguarda tutti, anche chi gestisce una struttura a tremila metri con corrente elettrica incerta e collegamento internet inesistente



Addio, caro vecchio rifugio alpino. Arriva la rivoluzione dello scontrino fiscale elettronico e, di conseguenza, anche i “nidi d’aquila” dovranno dotarsi di internet. Entreranno definitivamente e inesorabilmente nella modernità dovendosi dotare, ad esempio, delle parabole se non hanno la copertura.

Sì, anche ai 3 mila metri del Civetta, dove si sostava al vecchio Torrani solo per assaporare il silenzio. D’altra parte, non è proprio la montagna che per prima ha rivendicato la sua trasparenza?

Se nel 2019 la procedura telematica era obbligatoria solo per gli operatori economici il cui fatturato annuo superava i 400 mila euro, con il 2020 lo sarà anche per i rifugi di montagna, per le malghe con spiccata attività commerciale, per i più periferici bar dei paesi più marginali.

Il fisco dà tempo sei mesi per mettersi a regime ma questa è l’ultima chiamata. È tempo di acquistare un nuovo dispositivo (spesa minima 550 euro). I titolari di bar e rifugi non devono più, a fine giornata, fare il consuntivo manuale degli scontrini emessi: tutto avviene via internet. Anche per il consumatore l’era dello scontrino fiscale da conservare fino a casa è finito. I nuovi registratori di cassa, o meglio i “registratori telematici” trasmettono a fine giornata il saldo dei corrispettivi giornalieri e non il singolo scontrino.

Al cliente verrà rilasciato un documento che ha valenza ai fini commerciali e non più fiscali. Così dovrebbe accadere. Ma non è detto che succeda, perché i problemi non mancano. «Abbiamo chiesto una proroga di 6 mesi, quindi il nuovo sistema – spiega Mario Fiorentini, gestore del rifugio Città di Fiume, ai piedi del Pelmo e coordinatore di “Rifugi in rete”– entrerà in funzione con la prossima stagione estiva. Dobbiamo acquistare il marchingegno, ma, per tanti di noi, quelli magari che si autoproducono perfino l’energia elettrica, ci sarà la necessità di attrezzarsi di un collegamento».

Dalle parti del Rifugio Padova, in comune di Domegge, ad esempio, non esiste alcuna copertura e nessuna delle società di telefonia mobile si è offerta per offrire il servizio. «È un grave problema anche per il soccorso alpino. Siamo inseriti negli itinerari delle Dolomiti friulane, che stanno registrando flussi straordinari di escursionisti, perché costituiscono un ambiente ancora selvaggio. Se accade un incidente, vengono a chiedere aiuto in rifugio, dopo qualche ora di cammino».

Quindi? «Raccoglieremo gli scontrini in una chiavetta e la scaricheremo quando scendiamo a valle. Pare che sia stata concessa una deroga di una dozzina di giorni». Sono numerosi i rifugi sulle Dolomiti che si trovano in queste condizioni, a cominciare da tutti gli esercizi della Val Visdende.

Il Chiggiato è il punto d’appoggio per le Marmarole. Barbara Zanvettor è il suo gestore; anche lui fa parte dei rifugi in rete. «Non saremo certo noi rifugisti a non promuovere la montagna poco trasparente. La storia ci riconosce un patrimonio valoriale inestimabile per la gente che va in montagna. Pagare le tasse fa parte di questi valori. Certo, siccome siamo le prime sentinelle delle terre alte, qualche merito ci dovrebbe essere riconosciuto. Chi è più in difficoltà dovrebbe poter contare su qualche proroga».

Le casse per la fatturazione elettronica sono dei macchinari complicati, e non tutti i rifugi dispongono di energia elettrica in modo costante. Qualcuno è collegato alla rete, altri hanno generatori o impianti fotovoltaici, o entrambi. Non parliamo poi del collegamento internet necessario per inviare i dati. La cosa si complica con i terminali per il pagamento elettronico. Ci sarà chi dovrà scendere a valle per recapitare i dati a destinazione o chi si discosterà di qualche centinaio di metri dal rifugio per trovare la sospirata copertura. «Insomma ci adatteremo a fare anche i tecnici informatici».

Un altro problema che divide rifugisti e fisco sono gli studi di settore. Questi strumenti – spiegano i gestori – sono costruiti su dei parametri che non tengono conto della specificità dei rifugi. «Se il tempo è brutto noi perdiamo fino al 90% del fatturato, in un ristorante o in un albergo sulla strada il calo se c’è, è più contenuto». —



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