Ragazzo morto in un canalonePatteggiano i due capi scout

L'accusa era di omicidio colposo dopo una tragica escursione in cui perse la vita un sedicenne
BELLUNO.
Hanno patteggiato entrambi un anno di reclusione i due capi-scout, Davide Mattiuzzo e Federico Fiori, responsabili del gruppo “Villorba 1” di cui faceva parte Jacopo Ceneda, il sedicenne trevigiano morto dopo essere precipitato in un canalone, sopra Ospitale, il 4 gennaio di un anno fa. Ieri erano presenti la madre di Ceneda ed i due imputati.

 La tragedia risale al 4 gennaio scorso. Quel giorno il gruppo di scouts trevigiani stava scendendo dalle casere, sopra Ospitale, dove aveva pernottato: lungo il sentiero 488, però, era scesa una slavina che con le bassissime temperature di quei giorni s’era gelata: una «pista di bob», l’avevano definita i soccorritori, che confluiva poi in un canalone di una ventina di metri prima del precipizio. Gli scouts si erano resi conto della difficoltà di superare il tratto ghiacciato, al punto che i due accompagnatori avevano deciso di «attrezzare» il percorso. Cioè ancorare una corda al terreno, con chiodi o comunque dei fermi, e segnare un percorso alternativo al tratto ghiacciato poco più sopra, dove la neve era più praticabile anche senza ramponi da ghiaccio sotto i piedi.

 Uno dei due capi-scouts aveva raccontato agli investigatori, nel corso degli interrogatori dopo la tragedia, di aver creato dei piccoli gradini usando una piccola accetta per far sì che i ragazzi camminassero in maggiore sicurezza: gradini dove mettere i piedi durante l’attraversamento.

 Tre scouts erano quindi riusciti ad andare oltre il tratto di sentiero ghiacciato, per tendere una corda che avrebbe dovuto fungere da passamano.

 A tutto questo lavorìo per attrezzare il percorso, secondo le prime ricostruzioni e la versione fornita dai caposcout, Jacopo avrebbe solo assistito: in disparte, l’avevano visto su un punto che era ritenuto meno ghiacciato del resto dell’area, quasi un ciuffo d’erba o un ramo di pino caduto, qualcosa comunque che creava attrito e quindi evitava di scivolare.

 Da quell’«angolino» il giovane era improvvisamente scivolato: l’avevano visto girare su sè stesso, forse nel tentativo di trovare un appiglio ma non si fermò più. Pochi secondi per percorrere 350 metri di un canalone ghiacciato per un dislivello di 270.

 All’udienza di ieri erano presenti i due imputati, accompagnati da moglie e fidanzata, e la madre dello sfortunato ragazzo. I due capi-scouts, Mattiuzzo e Fiori, erano difesi dagli avvocati Stefano Pietrobon e Vincenzo Arcidiacono. I famigliari di Ceneda si sono costituiti parte civile con gli avvocati Michele Perissinotto e Massimo Benozzati.

 Parallelamente al procedimento penale, chiuso ieri davanti al giudice delle udienze preliminari Aldo Giancotti, c’è anche un processo civile in corso che dovrà stabilire un risarcimento alla famiglie Ceneda. Stando a quanto s’è appreso l’Associazione degli Scouts Europei ha intenzione di risarcire, attraverso le proprie assicurazioni, la famiglia di Jacopo. Lo hanno fatto sapere i legali dei due imputati nell’ottobre scorso all’atto della formalizzazione della richiesta di patteggiamento dei loro clienti.
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