«Questa storia mi ha rovinato»
Claudio Ranzato, coinvolto nell'inchiesta Re Mida, spiega la posizione

Il tribunale di Belluno
LONGARONE.
Nessuna ditta fantasma. Ed un imprenditore travolto da un'inchiesta, a suo dire, in modo ingiusto. Anche Claudio Ranzato, imprenditore longaronese, coinvolto nell'inchiesta "Re Mida", assieme ad altri dodici indagati, per un presunto giro di fatture false, precisa la sua posizione in merito alla vicenda: «Anche in passato - dice - sono stato processato con le stesse accuse e ne sono uscito pulito». Ranzato, che rispetto ad altri indagati, ha una posizione defilata nel procedimento che annovera anche gli alpagoti Italo Calvi e Ivan Genoria, spiega: «Tutta questa storia ha rovinato la mia figura di imprenditore oltre che danneggiato la mia famiglia. Ero amministratore della società Ic Group e Italo Calvi operava, comunque, su delega e seguiva di persona alcuni settori merceologici nei quali operava la ditta. La Ic Group, indicata come ditta fantasma o cartiera, è stata fondata nel 2000 (prima col nome "2 erre sas", poi Ic Group) e dava occupazione a circa 500 dipendenti, ora senza lavoro, ed aveva capitali per oltre 10 milioni di euro». L'imprenditore longaronese sostiene che non sono mai state fatte fatture false. E ricorda che in un processo, il 5 febbraio 2009 (assistito dagli avvocati Luciano Perco e Simonetta Buttignon), per un'analoga accusa di due fatture da complessivi 170.000 euro, fu assolto. «Nessuna evasione - precisa - è stata fatta e le fatture sono state tutte dichiarate e documentate. Se si andrà a processo sarò pronto a dimostrare che non è stato fatto nulla di illegale. La Ic Group fatturava annualmente circa 35 milioni di euro e tutto era stato fatto transitare tramite banca e dichiarato pagando le tasse. La mia società lavorava per il 90 per cento all'estero. Quindi, come prevede la legge, in esenzione Iva ed acquistava in esenzione Iva utilizzando il plafond a disposizione, sempre come è previsto dalle legge. Come può esistere con questi presupposti l'eventuale evasione dell'Iva?». E così l'imprenditore conclude: «Le contestazioni sulle fatture della Ic Group, dal 2003 al 2008, come risulta alla chiusura delle indagini, per un importo di 7.587.623 milioni di cui 422.474 di Iva, non hanno nessun fondamento» sostiene «in quanto l'Iva dovrebbe essere semmai di circa 1 milione e mezzo. Avessi voluto fare il furbo, con un fatturato di 35 milioni di euro, l'Iva sarebbe stata di 7 milioni e non come eventualmente contestato di soli 400.000 euro».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi
Leggi anche
Video