Quattrocento studenti contro la Gelmini

Dai loro racconti è emerso un quadro devastante dell'istruzione in provincia
Alcuni momenti della manifestazione di ieri contro la riforma Gelmini
Alcuni momenti della manifestazione di ieri contro la riforma Gelmini
 
BELLUNO.
Sono venuti un po' da tutta la provincia per partecipare alla manifestazione organizzata dalla Rete degli studenti contro la riforma Gelmini. Erano circa 400 ieri mattina i ragazzi che hanno sfilato per le vie di Belluno per reclamare una «libera scuola e un libero futuro». Ma soprattutto per rivendicare il loro diritto a «costruire una scuola diversa». E per questo hanno indossato dei caschetti come quelli che si usano nei cantieri edili. Sono stati gli studenti i soli protagosti della protesta, con le loro testimonianze di una scuola sempre più allo sfascio, sia dal punto di vista didattico che edilizio.  Erano arrabbiati «perchè così non va bene», hanno urlato molti, raccontando la propria esperienza. E la fotografia emersa della scuola è davvero tragica.  
Il corteo.
I ragazzi si sono trovati sul piazzale della stazione ferroviaria, muniti di striscioni contro il ministro Gelmini, a cui hanno rivolto più di qualche "vaffa", inneggiando contro la sua riforma. A controllare tutto, la polizia.  Il corteo, composto da circa 400 ragazzi, è sfilato per le vie cittadine, per terminare in piazza Duomo, dove sono iniziati gli interventi. Non sono mancati i richiami alla Provincia («perchè investa sull'edilizia scolastica: le scuole ci cadono in testa») e anche al sindaco di Belluno, affinché ripristini le scuole Gabelli. E anche se lungo il percorso qualche ragazzo ha preferito defilarsi, magari per infilarsi in un bar, più della metà è rimasta seduta per due ore in piazza Duomo ad ascoltare i disagi dei loro compagni.  
All'Ipssar di Falcade.
Molti i problemi denunciati. «I due indirizzi sono stati uniti e facciamo lezione insieme, ma così non si riesce a lavorare. Gli indirizzi economico-aziendale ed alberghiero sono costretti a dividersi il professore di inglese, facendo quindi un'ora ciascuno», hanno denunciato gli studenti, che hanno fatto presente come il loro preside diriga ben sei scuole. «Di francese facciamo due ore su tre, perchè siamo in pochi e il docente viene pagato dal fondo di istituto che è risicato. E poi, a un mese dall'inizio della scuola, manca il professore di economia, materia che portiamo anche all'esame», dicono altri ragazzi.  
Al Tiziano e Galilei.
«I pezzi di intonaco ci cadono addosso», hanno sottolineato i ragazzi, «per fortuna hanno iniziato i lavori al Tiziano. Ma se vogliamo fare le assemblee di istituto, dobbiamo sborsare 400 euro per trovare dei locali, perchè la palestra è piccola». Qualche problema anche per il nuovo indirizzo dello scientifico: «Non c'è alcuna direttiva ministeriale sul programma da svolgere e i docenti si basano sui libri in dotazione». Qualcuno si è lamentato anche del fatto che il corso di recupero per il triennio l'anno scorso non è stato attivato. Anche gli sportelli, aperti in sostituzione, hanno funzionato a metà, perchè la scuola non aveva i soldi per pagare i docenti. E quest'anno sarà peggio».  
All'agrario.
Tra i più arrabbiati gli studenti dell'agrario. Per loro il corso di specializzazione (che dovrebbe partire al termine del terzo anno, una volta conseguito il diploma), da organizzare in colaborazione con la Regione, quest'anno non partirà, perchè mancano i soldi. «Praticamente siamo costretti a seguire tutti lo stesso indirizzo generale, senza alcuna differenziazione che prima c'era (tecnico, forestale e zootecnico). Al posto del corso, ci hanno messo a disposizione un'ora a settimana, una specie di contentino. Qui all'agrario sono arrivati ragazzi da Portogruaro, da Vicenza, da varie parti di Italia, perchè c'erano questi indirizzi. Sono rimasti fregati. E cosa dire poi del convitto? In un'ala c'è una sola uscita, manca quella di emergenza, mentre le scale antincendio ci sono, ma sono arrugginite».  
Classico di S. Vito.
«Ci avevano promesso lo spagnolo, ma non ci sono i soldi per pagare l'insegnante. Abbiamo disagi con i mezzi di trasporto, essendo costretti ad attendere oltre 40 minuti al mattino al freddo e poi, a un mese dall'inizio delle lezioni, non c'è ancora l'orario definitivo: ogni giorno sappiamo le materie per il giorno successivo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi