Processi a porte chiuse I giornalisti esclusi dalle aule giudiziarie

Disposizioni “invisibili” nel giorno di Erostrato e Karamaleski della presidente Coniglio. Protestano Ordine e Fnsi

belluno

Giornalisti fuori dalle aule di tribunale. Fuori, soprattutto, dalle udienze del presidente. Di fatto, ieri mattina, i reporter non sono stati neanche autorizzati a passare sotto il body scanner al pian terreno: gli agenti di sicurezza, in nome di una ordinanza presidenziale di cui non esiste traccia a vista negli atri del palazzo e nelle mail dei giornali, hanno spiegato gentilmente che la stampa non poteva salire neanche al primo piano del tribunale. Figurarsi al secondo o al terzo. Fino a martedì non si sono registrati problemi di sorta, nel pieno rispetto delle disposizioni anti Covid, ieri, invece, si è fatto perno su una fantomatica ordinanza “firmata mesi addietro”... Forse quando c’era il lockdown.

Peccato che proprio ieri fossero chiamati a ruolo due processi che assumono un’elevata rilevanza pubblica, se proprio non si volesse scomodare la garanzia di diritti di cronaca costituzionali: il processo Erostrato, davanti a un collegio di togati presieduto proprio da Antonella Coniglio (a latere Feletto e Cittolin), e addirittura un’Assise per terrorismo internazionale a carico del foreign fighter Munifer Karamaleski. Anche questo presieduto dalla presidente Coniglio con il giudice Feletto e i giudici popolari.

Tre i cronisti che si sono presentati per Corriere delle Alpi, Gazzettino e Antenna Tre, cascati un po’ dalle nuvole per la sorpresa. Quanto basta per far scatenare Ordine dei giornalisti e Sindacato della categoria a livello regionale, ai quali i tre giornalisti si sono rivolti immediatamente con una lettera. «Ai giornalisti delle testate Il Gazzettino, Il Corriere delle Alpi e Antennatre Nordest è stato impedito di raggiungere le aule d’udienza e di svolgere il proprio lavoro», hanno scritto i tre cronisti al presidente Amadori. «Informata, la presidente del Tribunale ha fatto riferire di aver firmato nei mesi scorsi un’ordinanza – della quale i giornalisti non sono stati messi a conoscenza – in cui viene interdetto l’ingresso al pubblico nelle sue udienze. Per noi si tratta di una situazione di grave violazione del nostro diritto di informare, che peraltro perdura da anni (es. divieto di accesso con telecamera e/o macchina fotografica) e che con la pandemia si è acuita».

La protesta di Ordine e Sindacato veneto non si è fatta attendere, appoggiata in serata anche dalla Federazione nazionale della stampa: «Ordine e Sindacato dei giornalisti del Veneto denunciano l’esclusione dei cronisti dalle aule del palazzo di Giustizia di Belluno, nelle quali si stanno celebrando processi di rilevante interesse pubblico, sulla base di un’ordinanza della presidente del Tribunale di cui è stata appresa l’esistenza ieri. Pur consapevoli delle difficoltà connesse all’emergenza coronavirus, risulta poco comprensibile come la presenza di un numero limitato di cronisti, quale quello che frequenta quotidianamente il palazzo di Giustizia di Belluno, possa costituire un problema per lo svolgimento in sicurezza dei processi penali. E, in ogni caso, poiché la pubblicità del processo e il diritto dei cittadini a essere correttamente informati sono principi costituzionalmente garantiti, sarebbe opportuno che eventuali limitazioni fossero discusse e concordate con i rappresentanti dei giornalisti, alla ricerca di soluzioni praticabili, come peraltro è avvenuto e avviene in tutti gli uffici giudiziari della regione. Invitiamo pertanto la presidente del Tribunale di Belluno a revocare l’ordinanza, consentendo l’ingresso dei giornalisti in aula per poter seguire i dibattimenti, in particolare quelli di maggiore rilievo e interesse pubblico».

«A parte il diritto di cronaca», spiega un difensore, «questo è un atto gravissimo, in quanto lede anche i diritti dell’imputato ad avere un processo pubblico».

Un caso senza precedenti in Italia, quello fatto registrare dagli uffici giudiziari di Belluno, dove del resto le relazioni tra organismi ed enti del settore non vivono idilli. In principio la frizione (ancora in auge) tra vertice e procura per l’ingresso dei cani, quindi la ruggine con l’Ordine degli avvocati e la Camera penale, di cui è solo un ultimo tassello lo scambio di lettere di fuoco sulla preliminare per l’incendio della pizzeria di Pieve (rinviata, nonostante ci fossero difensori arrivati a Belluno da Brindisi). Ora le porte sbarrate alla stampa. —

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