«Pochi indisciplinati: il Civetta non perdona»

ALLEGHE«La parete del Civetta è troppo severa per fare i cafoni». Così Valter Bellenzier dal rifugio Tissi che gestisce come un nido d’aquila. «Quassù arrivano escursionisti stanchi, dopo lunghe ore...

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«La parete del Civetta è troppo severa per fare i cafoni». Così Valter Bellenzier dal rifugio Tissi che gestisce come un nido d’aquila. «Quassù arrivano escursionisti stanchi, dopo lunghe ore di camminata, e non hanno voglia di fare i superficiali. E quando ci provano, solo in rari casi, sappiamo come prenderli».

Ma ci sono scalatori – chiediamo – che si fiondano su qualche classica come fosse una palestra? «Qualcuno di loro lo trovi sempre, ma sulle ferrate. Ancora non in parete. Anche per la semplice ragione che ci vogliono due giorni per uscire in vetta».

Mentre le cordate arrampicano, giù in valle c’è quel gioiello che risponde al nome del lago Coldai. Si tratta di un’altra meta classica dell’escursionismo dolomitico, ma – a sentire i responsabili del rifugio Coldai – non patisce gli eccessi di altri siti. Sono numerosi coloro che prendono il sole e assumono i comportamenti tipici della spiaggia. Ci sono i piccoli cafoni che si tuffano, nonostante i divieti, ma tutto finisce lì. Le tracce del popolo vacanziero si riducono a rari rifiuti, che peraltro il personale del Coldai si premura a raccogliere.

E lassù al rifugio Torrani? È il più alto delle Dolomiti. «Qualche lattina abbandonata la troviamo perfino quassù», ammette Venturino De Bona. «Siamo a 3 mila metri e la fatica incide sui comportamenti che dovrebbero essere più virtuosi. Ma quello che fa specie è constatare la sottovalutazione nell’abbigliamento e nelle attrezzature. Qualcuno non ha piena consapevolezza di cosa significhi fare una ferrata sul Civetta». —

FDM

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