Peculato, a processo ventinove agenti di polizia provinciale

L’accusa è aver usato l’auto di servizio per andare a casa, ma gli indagati impugnano il regolamento votato nel 1992

BELLUNO. Polizia provinciale: 29 riti abbreviati su 30 imputati. Tutto stamattina, dalle 9.45, dopo i rinvii a giudizio decisi ieri. Stralciata la posizione di un agente, che non è stato regolamente notificato, pertanto gli atti sono tornati al pubblico ministero.

Orazio Frare, Marco Pauletti, Sergio Umattino, Luca Catello, Nicola Boranga, David Mione, Maurizio Dal Mas, Daniele Giazzon, Mirco Piccin, Mauro De Vallier, Andrea Gaggioli, Remo Fullin, Daniele Comiotto, Elio Giorgio Bottegal, Elvi D’Incà, Vittorio Fusinato, Marco Corona, Loris Pasa, Oscar Da Rold, Stefano Fontana, Franco De Bon, Christian Losso, Lisa Azzalini, Romeo Friz, Cesare Sacchet, Donato Nicolao, Mario Casanova, Francecso Dell’Osbel e Antonio Doglioni devono rispondere di peculato per aver usato le auto dell’amministrazione provinciale (Fiat Panda,Daihatsu Terios, Mitsubishi L200 e Suzuki Jimmi) anche per il tragitto da e per casa. Valerio Nart, invece, risponderà anche di falso e truffa per i fogli di presenza compilati tramite messaggino e i soldi guadagnati illecitamente. False attestazioni sull’orario di lavoro, con quello che ne consegue ai danni della Provincia.

Trentacinque minuti di udienza preliminare nell’aula al terzo piano del palazzo di giustizia, davanti al gup Coniglio, in sostituzione di Montalto, che è passato alla Corte d’Appello di Trieste. Molti, se non tutti gli indagati, si sono presentati personalmente insieme ai rispettivi avvocati e adesso sanno che il processo si svolgerà interamente sulle carte che il pubblico ministero Gallego ha ereditato dal procuratore Pavone, il titolare dell’inchiesta. Non ci sarà bisogno di ascoltare testimoni e l’eventuale condanna sarà con lo sconto promesso dal rito alternativo. Ma i 29 contano di uscire puliti da questa vicenda, sulla base di un regolamento del 1992 e votato dall’allora consiglio provinciale, che prevede l’uso delle vetture biancoverdi con le insegne della Provincia da parte dei componenti della polizia, anche per raggiungere le proprie abitazioni, in modo da essere pronti a intervenire, in caso di necessità e di urgenza.

La procura della Repubblica ne contesta la legittimità. Dopo l’esposto anonimo che aveva scatenato l’inchiesta, aveva fatto piazzare dalla Digos dei dispositivi gps sotto la carozzeria delle macchine, per conteggiare i chilometri percorsi da ciascun agente. Sui numeri, c’è poco da mettersi a discutere, quello che bisognerà capire è se gli agenti hanno seguito scrupolosamente quel regolamento firmato dall’allora presidente della Provincia, Oscar De Bona (l’assessore competente alla Caccia e alla Pesca era il successore Sergio Reolon), o ci possono essere stati degli abusi. Le tesi di accusa e difese sono inevitabilmente diverse e per i 29 tutto si risolverà stamattina, su richiesta di alcuni dei difensori.

Dovessero risultare innocenti, sarebbe la Provincia a pagare le spese legali. In caso di colpevolezza, invece, non solo dovrebbero saldare la parcella dell’avvocato, ma sarebbero sottoposti anche a un procedimento disciplinare. Tempi più lunghi per il trentesimo indagato, al quale vengono contestati anche gli altri reati.

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