Osteria da Nando, il ritrovo del popolo “taiboner”

TAIBON
Nel paese di Taibon gli esercizi commerciali non stanno passando un buon momento. Fino a qualche anno fa i “taiboner” potevano contare su numerosi negozi dove poter acquistare la qualunque; con il passare degli anni, però, tanti hanno deciso di gettare la spugna, non ultimo lo storico panificio. Pochi i servizi per i quasi 1.800 abitanti del paese alle porte di Agordo: un albergo, due agriturismi, un alimentari, un’edicola, una ferramenta, un negozio di abbigliamento, uno di souvenir, un noleggio e vendita di biciclette, due parrucchiere, una pizzeria, una caffetteria e quattro bar.
Tra i bar ce n’è uno che resiste da quasi 60 anni con la stessa gestione e si trova sulla strada che porta alla Valle di San Lucano, più precisamente a Forno Val: è l’Osteria da Nando. Un locale a gestione famigliare, rinnovato negli anni ma che presenta la classica ospitalità di una volta. A gestirlo è Ferdinando Schena, che dal 1994 ha preso in mano le licenze che prima erano della mamma Rosanna, ora in pensione, e del papà Luigi.
Era il 1961 quando Rosanna decise di aprire il locale a Forno Val assieme al marito. La sua esperienza dietro al banco l’aveva già fatta negli anni passati. A Col Di Prá, il papà di Rosanna aveva aperto un bar con generi alimentari per far sì che la figlia non andasse a lavorare in Svizzera, come faceva la maggior parte dei giovani alla fine degli anni ‘50. Li conobbe Luigi. Poco dopo la decisione di scendere in paese per aprire l’osteria, gestita magistralmente fino al 1994, quando la gestione passa al figlio Ferdinando.
Sono 25 anni che lei ha in mano il bar. Come è cambiata la clientela?
«Quando presi in mano il locale, la clientela era prevalentemente caratterizzata da anziani. Negli anni i giovani si sono fatti vedere di più. Già alla fine degli anni Novanta, dopo aver rinnovato il locale, c’erano comitive di ragazzi che passavano i venerdì e sabato sera qui da me, tanto che organizzavo serate con musica dal vivo e la gente arrivava da tutto l’Agordino e non solo».
È un classico della zona giocare a carte nei locali. È ancora cosi?
«No. Al giorno d’oggi le carte rimangono nel cassetto per quasi tutta la settimana. Quando la gestione era dei miei genitori, il bar era sempre zeppo di gente che occupava tutti i tavoli per giocare a briscola o “treset”. Organizzavamo dei tornei con dei premi in palio ed era l’occasione per avere il locale pieno. I tornei erano a 32 coppie, poi col passare degli anni l’usanza di giocare alle carte è svanita e ora non vale più la pena organizzare cose del genere».
Nei bar gli aneddoti non mancano. Ce ne racconti uno?
«Ero un bambino ma ricordo benissimo quella volta che il tram aveva sbagliato a fare manovra sul piccolo piazzale in legno che c’era fuori dal locale. Non so come sia successo ma il tram era rimasto in bilico sulla pensilina. Per recuperare il mezzo avevano portato un travo nel bar per ancorare la corda. Avevano fatto tutto a mano ma quella volta il locale era stato usato come ancora di salvataggio».
In quasi sessant’anni di attività, il bar ha vissuto due alluvioni. Quella del 1966 e l’ultima dell’ottobre scorso.
«Nel 1966 ero piccolino, ma ricordo ancora l’acqua del Tegnas che passava nella parte sottostante il locale. Il 2018 me lo ricorderò per il vento forte, ma la mia paura più grande è stato il fuoco. Durante l’incendio che ha preceduto l’alluvione, le fiamme erano proprio sopra di noi».
Si vive con un bar al giorno d’oggi?
«Si tira a campare. Avere un bar di proprietà è un grande vantaggio. Non devi pagare l’affitto e quindi hai un pensiero in meno».
I giovani frequentano abitualmente il locale?
«Nei fine settimana i ragazzi del posto vengono sempre nel mio locale. Un decennio fa era diverso e qui venivano a fare baldoria anche durante la settimana. Con la scusa che la Valle di San Lucano non offre più di tanto, il bar viene frequentato meno».
Nel 2005 hai rinnovato l’ultima volta il locale, anno in cui è entrata in vigore la legge che vieta di fumare nei locali pubblici.
«Mi ricordo benissimo quando la gente poteva fumare all’interno del bar. Ogni sera arrivavo a casa che ero affumicato. Avevamo l’impianto di aspirazione, ma non bastava per tutto quel fumo. Adesso il locale vive un’altra vita senza le sigarette all’interno. Una legge giusta per chi fuma e chi non fuma. A fine anno le spese per imbiancare il locale si facevano sentire. Non era facile togliere il giallo dai muri e ci volevano più passate dell’imbianchino».
Hai mai pensato di chiudere?
«La burocrazia me lo fa pensare spesso, ma si tiene duro». —
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