Odissea in treno: oltre 4 ore per arrivare da Mestre a Calalzo

Il racconto di un’abituale frequentatrice della tratta, abituata anche ai disservizi «Stavolta è stato veramente troppo, in più il mio cagnolino ha rischiato la morte»

PIEVE DI CADORE

Alla signora Annalisa Brugin sono state necessarie più di quattro ore, domenica scorsa, per percorrere in treno e in autobus i 120 chilometri che separano la stazione di Mestre da quella di Pieve.

IL RACCONTO

«È stata una vera odissea», afferma la donna, «e premetto che sono almeno 20 anni che usufruisco di Trenitalia per arrivare a Calalzo da Mestre. So bene dunque che i disagi ci sono sempre stati e che non è raro che i viaggi abbiano qualche intoppo. La linea poi è spesso interrotta, ma domenica il servizio ha veramente toccato il fondo».

La signora Brugin è conosciuta da tanti in Cadore come una persona mite e gentile, abituata a non prendersela mai troppo; ma stavolta non può dimenticare, anche perché il cane che aveva con lei ha rischiato di morire per il caldo e la mancanza di aria.

«Pensavo di usufruire del “Treno delle Dolomiti”, che prevede un solo cambio, a Conegliano, dove peraltro non c’è il treno ma l’autobus. Ma ancora prima di partire», racconta, «emerge il primo problema: ho con me un cane di piccola taglia che, secondo le direttive, non è ammesso sugli autobus che fanno la tratta del mattino. L’ufficio informazioni di Trenitalia mi consiglia allora di prendere la corsa del pomeriggio, sulla cui tratta bus i cani sono ammessi; anche se l’addetta alle informazioni dimostra poca dimistichezza con i cani perché mi chiede di mettere la museruola al mio, un Carlino senza muso. Parto, quindi, con il treno Venezia –Udine delle 15, 29 che devo cambiare a Conegliano».

TRENO IMPRATICABILE

«In stazione,a Mestre, la temperatura è di 38 gradi. Le prime due carrozze del treno sono riservate alle bici. Una terza di prima classe è semivuota, mentre quella nella quale salgo io è a dire poco arroventata: non c’è aria condizionata, ci sono solo strette fessure in alto di cui solo alcune aperte, dunque insufficienti. È una situazione di emergenza: una signora si sente male, i bambini piangono, un viaggiatore non ce la fa più e scende alla prima fermata. Tutti si lamentano e protestano. Una ragazza va a cercare il capotreno, ma non lo trova. Non resistendo più, i viaggiatori cercano di cambiare carrozza, ma anche quella vicina non è utilizzabile perché troppo affollata e piena di zaini, borse e troppi viaggiatori.

Il mio cane non respira e allora, per aiutarlo, mi rifugio nella toilette. Alle 16,23 scendiamo a Conegliano per salire sull’autobus: ci sono solo 36 gradi, sembra un sogno... L’autobus, dopo aver girovagato per la campagna, imbocca l’autostrada che ci porta fino a Vittorio Veneto e poi a Ponte nelle Alpi, dove arriviamo alle 17,10. Il treno riparte alle 17, 39 per arrivare alla stazione di Calalzo alle 18,27. Dovendo recarmi a Nebbiù, cerco un taxi che in stazione non c’è. Nessuno risponde nemmeno al telefono di un altro tassista del quale ho il cellulare. Allora nuova attesa dell’autobus per Cortina che parte alle 18,50: arrivo a Tai pochi minuti dopo le 19. Ma non è finita, perché per arrivare a Nebbiù non ci sono mezzi e, di conseguenza, ne devo trovare uno di fortuna per arrivare finalmente a casa, alle 19.30. —

Vittore Doro

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