Montesort, un ponte per la libertà
Tre volte isolata in un mese, la frazione ritorna ad una vita normale

Al centro il ponte bailey con gli operai al lavoro A destra una casa
SEREN DEL GRAPPA.
Prima del guado che ha fatto tanto penare Montesort, c'è un cartello: divieto di transito in caso di pioggia. Per la frazione rimasta isolata tre volte in un mese, è il titolo di coda del lieto fine. Se fosse un film, potrebbe essere "Alla ricerca della libertà". L'odissea di un gruppo di persone per tornare a casa e quella di un paese che ora, finalmente, si sente sollevato dopo una serie infinita di disagi. E poi lassù abita anche un anziano, che vive praticamente come un eremita da una ventina d'anni, senza scendere a valle e facendosi portare la spesa, in una specie di mondo capovolto. Se gli fosse accaduto qualcosa? Si chiedono gli altri residenti. Per fortuna non è successo e adesso si può guardare avanti: «Abbiamo voglia di festeggiare», dice Leonardo Valente, proprietario dell'agriturismo "Albero degli alberi". Per lui e la sua famiglia, a complicare le cose è stata la mancanza di affidabilità: «Non sapevamo se prendere prenotazioni, con il dubbio dei clienti di riuscire ad arrivare. Una volta avevamo anche il cibo pronto. È stato difficile organizzarsi negli spostamenti. Il sindaco si è sempre interessato alla situazione, purtroppo il problema è nato dai ritardi della ditta nell'eseguire l'opera. Adesso aspettiamo l'inaugurazione del nuovo ponte». Intanto gli operai lavorano per ricostruire le rampe d'accesso alla struttura appoggiata sulle spalle e quasi pronta al transito delle auto. Solo quelle però, sottolinea Damiano Rech, perché «la larghezza continuerà ad essere insufficiente per i mezzi più grandi (come il furgone che porta le bombole di gpl) e servirà mantenere il guado carrabile. Ma soprattutto questa poteva essere l'occasione per aumentare l'ampiezza della curva sotto la roccia, che invece rimane uguale. Mentre l'accesso sulle rampe sarà più alto, e dunque insidioso quando nevicherà e si formerà il ghiaccio». Sulla fascia rocciosa invece, a far paura è un masso enorme, «rotondo come una palla, che se dovesse precipitare», prosegue l'ex consigliere comunale, «potrebbe piombare a valle». Tutto comincia la mattina del 25 ottobre, quando la prima piena - dovuta a ore di piogge torrenziali - travolge il guado. Un lunedì, e all'ora di pranzo due dei tre figli della famiglia Quagliotto di ritorno con la corriera (il fratello da scuola e la sorella da lavoro), trovano il passaggio sul torrente inghiottito dalla corrente. Casa loro è subito aldilà dello Stizzon, a pochi metri di distanza, e la frustrazione raddoppia. «Sono rimasti in giro dalle 13 alle 17 e quella notte sono andati a dormire dai parenti a Rasai», racconta mamma Liliana. Due giorni dopo il bypass è ripristinato e rinforzato con tubi d'acciaio e massi, ma domenica 31 viene spazzato via di nuovo dal torrente alimentato dalla pioggia. Le abitazioni sono isolate e per le sei famiglie di Montesort l'unica strada alternativa è attraverso il bosco, a piedi: «Non è un percorso facile senza scarpe da montagna, con lo zaino di scuola in spalla e la sveglia alle 6 del mattino», aggiungono Liliana e Laura Quagliotto. Nel frattempo, gli abitanti muniti di motoseghe, tavole e tronchi si costruiscono da soli due passerelle, in attesa del secondo ripristino del guaro. Risommerso il 16 novembre e infine riemerso. «Eppure si sa com'è qui il tempo in autunno. Il guaio è scaturito dal ritardo del cantiere, mentre il comune si è impegnato per rimediare». Lieto fine.
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