Mattmark, il ricordo 52 anni dopo

Piccoli: «Il dovere di non dimenticare». Zaia: «Veneto grato e orgoglioso»
BELLUNO. «Abbiamo il dovere di non dimenticare la tragedia di Mattmark, l’ultimo grande dramma dell’emigrazione italiana».


A dirlo, nel giorno della commemorazione, è il senatore di Forza Italia Giovanni Piccoli.


Era il 30 agosto del 1965, quando nella svizzera Mattmark – dove si stava edificando la diga in terra più grande d’Europa – una valanga di oltre due milioni di metri cubi di ghiaccio travolse l’intero cantiere. Morirono, sul colpo, 88 lavoratori; e di questi 56 erano italiani. 17 i bellunesi.


«Fu il territorio che pagò il tributo più alto», ricorda Piccoli. «E questo a pochi anni dalla tragedia del Vajont».


«Per questo, soprattutto noi bellunesi, non possiamo dimenticare», rimarca Piccoli. «Rischieremmo di perdere un pezzo fondamentale della nostra storia».


«Erano anni di forte crescita e bisognava costruire la diga: i ritmi di lavoro erano frenetici, anche 15-16 ore al giorno, mai un riposo. Questi erano i nostri emigrati all’estero».


«Mi auguro che le Istituzioni bellunesi continuino a manentenere vivo il ricordo. È un dovere civico e morale a cui non possiamo sottrarci», la conclusione di Piccoli.


Anche la Regione è intervenuta per ricordare Mattmark. «La memoria non ha tempo. Oggi come allora il ricordo, il dolore, la gratitudine per i tanti caduti bellunesi nell’ennesima tragedia dell’emigrazione operosa che vide protagonisti i veneti, devono essere vivi nei nostri cuori».


Con queste parole, il presidente Zaia ricorda i 17 lavoratori di varie località del Bellunese che persero la vita il 30 agosto del 1965, sotto la valanga che investì il cantiere per la costruzione di una diga a Mattmark, sul ghiacciaio svizzero dell’Allalin.


«A Mattmark come a Marcinelle – aggiunge il Governatore – il bisogno e la volontà di lavorare di questi eroi semplici, per costruire un futuro per sé e le proprie famiglie, trovarono dal destino una tragica risposta. Anche il loro sacrificio contribuì a far diventare il Veneto ciò che è ora, e il Veneto, grato e orgoglioso, li ricorda con affetto».




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