Massaro: «La città attende il presidente con orgoglio e sentimento di vicinanza»

Il sindaco porterà il saluto del capoluogo. «In poche ore la tempesta Vaia ha cambiato le nostre prospettive»



La seconda tappa della visita del presidente della Repubblica di martedì sarà al Teatro Comunale di Belluno, dove si terrà una cerimonia dedicata all’alluvione di fine ottobre. A portare i saluti della città al presidente Mattarella sarà il sindaco di Belluno, Jacopo Massaro.

Sindaco, come si prepara la città a questo importante appuntamento?

«Belluno si avvicina alla visita del presidente con sentimenti di profondo orgoglio, prima di tutto perché è da 16 anni che un capo dello Stato non viene nella nostra città, in secondo luogo perché le caratteristiche umane di Sergio Mattarella e la sua silenziosa laboriosità ricordano molto quelle dei bellunesi e questo aumenta ancora di più il legame».

Avete avuto poco tempo per l’organizzazione, è tutto pronto per martedì?

«L’arrivo del presidente Mattarella è stata una bellissima notizia per noi, ma è vero che lo abbiamo saputo da pochi giorni. Di solito questi eventi vengono preparati mesi prima. In ogni caso è praticamente tutto pronto e siamo felicissimi di poter ospitare il presidente. Mattarella è il massimo custode della Costituzione alla quale Belluno, protagonista nella lotta di Liberazione, è molto legata. Inoltre Mattarella è un presidente molto amato dalla gente e credo che sia importante che tutti quelli che lo desiderano (noi abbiamo invitato ufficialmente le scuole) possano vederlo e ascoltare le sue parole. Per questo motivo abbiamo deciso di installare un maxi schermo fuori dal Teatro Comunale. L’organizzatore ufficiale dell’evento, infatti, è la Regione che ha deciso di non aprire il teatro al pubblico, riservandolo agli invitati istituzionali».

Cosa ha rappresentato la tempesta Vaia per Belluno?

«In quelle ore abbiamo assistito a qualcosa che non avevamo mai visto per potenza e grandezza. Per me ha rappresentato il momento di massima preoccupazione mai provata da quando sono sindaco, ho sentito la responsabilità di proteggere tutti i 36 mila cittadini di Belluno. Allo stesso tempo Vaia è stata la rappresentazione tangibile delle cose che dobbiamo prendere in mano: il cambiamento climatico che è diventato evidente, ma anche l’opera dell’uomo. Penso all’apertura delle dighe, decisione che ha creato i maggiori danni in città».

Cosa avete imparato da quell’esperienza?

«Abbiamo assaggiato la forza del vento, che qui non si era mai visto. Questo ci induce a ripensare alcune cose, come la presenza degli alberi. Inoltre abbiamo capito una volta di più che la manutenzione dei corsi d’acqua non è solo una precauzione, ma una necessità per salvare la vita delle persone. Poi dobbiamo lavorare molto per garantire l’approvvigionamento dell’acqua potabile. Durante l’emergenza tutti gli ospedali sono rimasti senz’acqua, un problema gravissimo che non ci eravamo mai posti. Ma è mancata anche l’energia elettrica, quindi abbiamo imparato che le linee elettriche vanno interrate. In quei giorni 14 mila utenze (su 18 mila) sono rimaste senza luce e 8 mila senz’acqua, in molti casi mancavano entrambe e il problema è durato per svariati giorni. Abbiamo evacuato una quindicina di persone, un aspetto complicato da gestire perché nessuno voleva lasciare la sua casa».

Cosa può fare lo Stato per aiutare Belluno?

«Potrebbe darci più funzioni e trasferirci le risorse economiche e umane per svolgerle. Invece mi sembra che la vocazione autonomista di questo periodo sia basata su un centralismo regionale, più che sulle reali necessità dei territori».

Lei teme che eventi come la tempesta Vaia possano aggravare lo spopolamento della nostra provincia?

«Lo spopolamento affligge tutta la montagna italiana, ma è importante far presente allo Stato qual è stata la risposta all’alluvione: viviamo in un posto dove la gente affronta sfide durissime, si rimbocca le maniche e alla fine le vince. Abbiamo un’elevata capacità di reazione e sappiamo prenderci cura gli uni degli altri. Sono caratteristiche che ci fanno vivere bene e che sono molto rare, anche se ho visto reazioni del genere anche in una grande città come Milano». —



Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi