Marmolada, «serve più consapevolezza per provare a salvare il ghiacciaio»

ROCCA PIETORE
Condividere conoscenze, per determinare consapevolezza e stimolare cittadini, politici e amministratori a reagire e ad agire per cambiare. È all’insegna di questi concetti che si è chiusa ieri mattina a Malga Ciapela, in comune di Rocca Pietore, la 4ª tappa de “La carovana dei ghiacciai”, promossa da Legambiente con la collaborazione del Comitato glaciologico italiano. Dopo il ghiacciaio del Miage in Valle d’Aosta, quelli del monte Rosa in Piemonte, di Forni e Sforzellina in Lombardia, è stata la volta della Marmolada. Le due tappe che seguiranno da oggi al 4 settembre saranno sul ghiacciaio della Fradusta in Trentino e sul Montasio occidentale in Friuli. Un monitoraggio, quello nuovamente condotto dagli esperti sul ghiacciaio della Marmolada, che ha da un lato confermato il continuo arretramento dello stesso e dall’altro evidenziato l’esigenza di ripensare modelli turistici per le zone intorno.
«La tappa della Marmolada», ha dichiarato Marco Giardino, segretario del Comitato glaciologico italiano, «ha dimostrato l’importanza dell’integrazione fra documentazione cartografica storica e nuovi dati scientifici per l’accurata ricostruzione delle variazioni volumetriche dei ghiacciai. Questo ghiacciaio è un prezioso testimone della storia dell’uomo e sensibile indicatore dei cambiamenti climatici».
Questi ultimi sono a monte dei numeri citati ieri da Aldino Bondesan, dell’università di Padova, e del Comitato glaciologico che non lasciano scampo al ghiacciaio.
«In poco più di un secolo», ha detto Bondesan, « la riduzione della superficie del ghiacciaio è stata del 70% e quella del volume dell’86%: il ghiacciaio è grande un decimo rispetto a 100 anni fa».
«Negli ultimi 40 anni», ha aggiunto, «la fronte centrale si è ridotta di 600 metri ed è risalita di 250 metri di quota. Un ritiro che, da inizio secolo ad oggi, ha accelerato più di dieci volte».
Un ghiacciaio destinato a morire («fino a qualche anno fa», ha detto Bondesan, «i modelli dicevano che avrebbe avuto ancora 100-200 anni di vita; oggi, secondo l’andamento attuale scomparirà nel 2040»), ma che è oggetto di un “accanimento terapeutico” per scopi turistico-economici.
«I teloni posizionati in abbondanza sul ghiacciaio, soprattutto in questo ultimo periodo, per una superficie che ammonta a circa 50 mila metri quadrati, allo scopo di conservare le piste da sci e non il ghiacciaio stesso», ha detto Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente, «ripropongono il problema dell’uso delle risorse naturali a scopo turistico. Le rigorose previsioni degli esperti sulla repentina scomparsa del ghiacciaio ora più che mai dovrebbero indurre a scelte innovative di sviluppo locale che contemplino nuove visioni per un turismo più compatibile con gli eventi naturali e meno incentrato su forme di accanimento terapeutico come queste che tra l’altro sono costose e non a impatto zero perché i teloni qualcosa lasciano in loco».
Nel solco tracciato da Bonardo si è inserito anche Luigi Lazzaro, presidente Legambiente Veneto, che ha ricordato i numerosi impianti sciistici abbandonati nell’intero arco alpino e ha citato il progetto del collegamento Cortina-Arabba osteggiato dal Comune di Livinallongo e dal comitato locale di cittadini.
«Servono piani di adattamento climatico a livello nazionale e regionale», ha sottolineato Lazzaro, «la Regione non ha ancora dichiarato lo stato di crisi climatica, ma dovrebbe farlo perché la sensibilità nella gente si stimola anche così, dando ad essa dei riferimenti». —
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