Marmolada, dopo la valanga scontro sul futuro impianto

La società funiviaria conferma l’arrivo sul dosso del rifugio Ghiacciaio Marmolada. Il gestore di Pian Fiacconi: «Area tutta a rischio». Gli ambientalisti alzano gli scudi

ROCCA PIETORE. Dopo la valanga, un aspro confronto sul futuro della Marmolada. 
Il gestore Guido Trevisan non sa ancora dove ricostruire il rifugio Pian dei Fiacconi, distrutto dalla massa di neve che ha travolto la struttura.

La società Funivie Fedaia-Mamolada, coinvolta anch’essa nella slavina che ha divelto la stazione di monte della cestovia del Fedaia disattivata da oltre un anno, ha confermato il progetto per il nuovo impianto, con arrivo sul dosso dove si trova posizionato il rifugio Ghiacciaio Marmolada (a quota 2.700 metri), zona che è stata solo lambita dall’evento distruttivo. Per la famiglia Mahlknecht proprietaria della società, la stessa valanga di giorni scorsi ha mostrato che il dosso risulterebbe più sicuro da eventi analoghi.

Trevisan reagisce asserendo che il futuro del ghiacciaio passa per la Marmolada. Il gardenese Alex Mahlknecht, titolare con la famiglia della società Funivia Fedaia Marmolada, sostiene invece che con il suo progetto, portato un anno fa in Provincia a Trento, darà a tutti la possibilità di arrivare ai piedi del ghiacciaio, con una salita dal lago Fedaia che, dal punto di vista paesaggistico, «è eccezionale».

Questo versante della montagna e l’arrivo a 2.700 metri sono più accessibili, a suo avviso, rispetto alle funivie venete che portano a 3.300, quota proibitiva per diverse persone.

Per Trevisan, però, nessun impianto è possibile a Pian dei Fiacconi. «Se visioniamo le carte della pericolosità e la carta di sintesi della pericolosità di tutto il territorio provinciale approvate il 4 settembre 2020 e in vigore dal 2 ottobre 2020, vediamo come tutta la zona del Pian dei Fiacconi sia considerata zona rossa ossia zona a pericolosità P4 - Elevata, che nella scala di valutazione è la pericolosità massima», sottolinea.

Quindi un altro sito va trovato anche per il rifugio. A questo punto intervengono gli ambientalisti di Mountain Wilderness, dichiarando la loro netta contrarietà alla ricostruzione del primo tratto di quello che potrebbe diventare, in futuro, un nuovo grande impianto, che da Passo Fedaia porterebbe a Punta Rocca.

«In questo momento non è ancora possibile valutare bene quale potrà essere il futuro per la ricostruzione della struttura. La nostra visione», affermano dall’associazione, «è quella di un rifugio alpino classico, posto in un ambiente ripristinato nella sua integrità originale, abbinato alla pulizia del territorio, all’eliminazione tutti i residui dei vecchi impianti, dei plinti in cemento, che offra a Passo Fedaia e alla Marmolada la dignità che meritano, anche attraverso un riordino paesaggistico dei parcheggi, spostandoli in una zona più decentrata, visivamente meno impattante di quella attuale».

Secondo gli ambientalisti, la valanga dei giorni scorsi ha mostrato quanto sia pericoloso il versante Nord (Sass Bianchet e Lydia) e che la sicurezza di un nuovo impianto potrebbe richiede la costruzione di paravalanghe a protezione dei nove piloni fissati nelle rocce e nel ghiaccio, con conseguenze impattanti sul paesaggio.

«Ci auguriamo che le amministrazioni politiche locali nelle loro valutazioni in materia», concludono i dirigenti di Mw, «considerino oltre all’impatto ambientale anche, i notevoli oneri finanziari (denaro pubblico) necessari per la costruzione. Su questo punto sarà pertanto fondamentale la lungimiranza che dovrà mettere in campo la Provincia autonoma di Trento».

Ma gli investitori gardesani non demordono. Il progetto, depositato nel 2019 alla Provincia di Trento e al Comune di Canazei, vede la stazione d’arrivo sul dosso a 2.700 metri di quota anziché a Pian dei Fiacconi – hanno ribadito nei giorni scorsi con una conferenza stampa – con la linea spostata di una cinquantina di metri proprio per evitare che venga travolta da una valanga.

Inoltre, la nuova struttura è dotata di un cuneo in cemento armato, che ha la funzione di deviare in due flussi, meno impattanti, la caduta di una massa nevosa. E poi assicurano: «Abbiamo intenzione di studiare ancor meglio dal punto di vista statico la protezione, ma il nuovo impianto potrà superare un evento simile a quello appena avvenuto». —
 

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