Maltempo. Morte e distruzione, il disastro senza fine del Bellunese

BELLUNO
Il quarto giorno di alluvione comincia sotto una pioggia battente, dopo due giorni di tregua a riparare danni e leccarsi le ferite. I danni sono al momento incalcolabili, ci vorranno decenni per sanarli. Le ferite sembrano non volersi rimarginare. Ognuno di questi terribili giorni ha portato un bagaglio di morti e feriti.
LE VITTIME
La conta delle vittime è arrivata a tre. Dopo il padovano Sandro Pompolani, schiacciato da una pianta sulla Culiada, dopo Ennio Piccolin, il falcadino travolto dalla piena di un torrente, in genere chiamato rio, ieri (mercoledì 31 ottobre) a Pescul di Selva di Cadore è morta una donna di 81 anni, Valeria Lorenzini, schiacciata da una pianta che qualcuno stava tagliando, proprio per evitare guai peggiori e dare sicurezza. Invece la fatalità ha voluto che cadesse addosso alla donna, uccidendola. Nelle stesse ore, ieri pomeriggio, a Pieve di Livinallongo un agordino di 43 anni, Denis Giolai, dipendente di Veneto Strade è stato travolto da una pianta che stava tagliando.
I DISAGI
Interi comuni sono ancora senza collegamenti viari, energia elettrica e linee telefoniche. Ieri sera, ultimo dato disponibile, erano 41700 le utenze senza luce, non solo nei paesi di montagna, quelli isolati, ma anche a Belluno. I comuni mettono a disposizione palestre e scuole dove farsi una doccia e ricaricare i cellulari. Secondo la prefettura di Belluno oggi dovrebbero arrivare 300 generatori che dovranno servire per dare corrente elettrica prima di tutto alle case di riposo e agli edifici pubblici poi anche ai cittadini che da lunedì non hanno corrente e acqua calda. E per fortuna moltissime case bellunesi hanno la stufa a legna, mai come in questo caso utilissima.
LA VIABILITA'
Sono oltre trenta le strade principali ancora chiuse, quelli comunali non si contano neppure. E' stata riaperta ieri la strada per la Val di Zoldo ma il sindaco De Pellegrin anche questa mattina raccomanda di stare molto attenti, soprattutto a causa delle nuove piogge. Meglio non mettersi per strada a meno di urgente necessità come ha consigliato ieri sera la prefettura.
La 203 agordina è transitabile fino a Cencenighe dove il ponte del Ghirlo ha subito pesanti danni. Oltre non si va, se non i mezzi di soccorso. La val Fiorentina verso Selva è chiusa, come la strada verso Rocca Pietore, dove il disastro è pesante (ma non c'è paese agordino che non abbia subito gravissimi danni).
Riaperta la 48 delle Dolomiti in molti tratti, anche da Alverà a rio Gere. Ma chiusa nella zona di Arabba e Livinallongo. Una enorme frana interrompe il collegamento tra Misurina e Carbonin e la situazione di Auronzo è drammatica, spiega il sindaco Tatiana Pais Becher.
Ci sono ancora molti evacuati, a Perarolo, Alverà, in tante frazioni agordine.
LA FRANA DEL TESSINA
L'allarme è stato lanciato ieri sera: la frana del Tessina a Lamosano ha ripreso a muoversi. Uno o due milioni di metri cubi di terra, roccia, alberi, sopra Lamosano e Funes si sono mossi. E' immediatamente partita la macchina della protezione civile per monitorare la situazione e questa mattina sono sul posto i tecnici. Ma la pioggia sta cadendo forte e il pericolo di altri movimenti sale. La frana del Tessina è la più grande frana attiva d'Europa con i suoi 4 milioni di metri cubi in movimento.
UNA PROVINCIA DEVASTATA
Lo abbiamo scritto ieri, lo ribadiamo oggi. La provincia di Belluno come era fino a domenica non esiste più. Il sindaco di Taibon dice che la Valle di San Lucano, gioiello Unesco, è distrutta, cancellata nelle sue caratteristiche ambientali e idrogeologiche. Le immagini sono chiare in questo senso. Interi boschi della Val Visdende, del Cansiglio, dell'Agordino, del Feltrino sono stati rasi al suolo, portandosi dietro i cavi della corrente elettrica di Enel e di Terna. Un patrimonio ambientale ed economico (quello del legno) è stato distrutto. Tutti quegli alberi abbattuti sono un bene anche economico che è difficilissimo recuperare, quasi impossibile visto l'arrivo dell'inverno. Per la primavera quel legno non varrà più niente. Non parliamo poi delle frane, piccole e grandi che hanno cambiato il volto dei versanti e dei paesi. E che dire del canyon dei Serrai di Sottoguda e della zona di Malga Ciapela ai piedi della Marmolada: tutto cancellato. Milioni e milioni di euro investiti in piste ciclabili, in percorsi illuminati e tabellati sono volati via con le piene dei torrenti. Progetti legati al turismo per milioni di euro ora sembrano senza scopo, quando manca l'essenziale: strade, sicurezza, luce. Saranno questi i nuovi fronti su cui investire. Altrimenti lo spopolamento avrà vinto.
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