L’uomo del legno vecchio ridà il suono alle campane

Roberto De Pol ha ristrutturato il campanile della basilica del Torcello sostituendo le travi marcite con altre ancora più antiche di quelle originali
Di Stefano Vietina

AURONZO. Ci voleva un cadorino doc come Roberto De Pol per far tornare a suonare le campane della Basilica di Santa Maria Assunta, all'isola di Torcello.

Lui è “l'uomo del legno vecchio”, come recita l'insegna della sua segheria a Cima Gogna nel Comune di Auronzo di Cadore. E, con la passione e la competenza che lo contraddistinguono, è andato alla ricerca di un larice d'annata per sostituire le travi marcite che sostenevano la parte alta del campanile, dove ora hanno ritrovato la loro sede naturale le campane. Che sono tre, per oltre 30 quintali complessivi, elettrificate con diversi suoni. Un lavoro eseguito così bene che adesso Roberto (49 anni) è stato chiamato anche a fornire il legno necessario a restaurare il Portico che si trova, sempre al Torcello, fra le Chiese di Santa Maria Assunta e di Santa Fosca.

«So che quando mi rivolgo a Roberto De Pol sono al sicuro – sottolinea l'architetto Paolo Tocchi, che cura i lavori di restauro per la Soprintendenza per le Belle Arti di Venezia e Laguna – perché se il legno non è quello giusto per effettuare l'incalmatura (ovvero inserire un pezzo di legno d'epoca sano al posto di quello ammalorato, ndr) poi si rischia di dover rifare tutto di nuovo». «Il legno che ho trovato per il campanile – spiega De Pol – è ancora più vecchio di quello originale, che dovrebbe essere della fine '800, perché ho trovato del larice davvero interessante, databile attorno al 1850, a Salisburgo, recuperato da una vecchissima abitazione, ed a Monguelfo, da una stalla».

E serviva proprio un legno così particolare per fare questo lavoro?

«Certamente, perché il larice è un legno molto resistente, ma nervoso. Tra tutti i pezzi che mi sono arrivati ho cercato quelli che si adattassero meglio al contesto che avevo trovato nel corso dei miei sopralluoghi sul campanile del Torcello, così che potessero sopportare la forza e l'oscillazione delle campane, attutendo le torsioni. Adesso, ed è la soddisfazione più grande, mi dicono che mentre prima, al suono delle campane, la struttura si muoveva, oscillando di un centimetro, un centimetro e mezzo, adesso non si nota il minimo spostamento».

De Pol fra le tante travi che è riuscito a recuperare ha quindi fatto un'attenta selezione. «Le abbiamo schiodate, poi tagliate, squadrate e messe in macchina per togliere ogni minima imperfezione o sporcizia lasciata dal tempo. Abbiamo trasferito al Torcello il materiale, circa una ventina di travi, prima in camion dal Cadore e poi in barca, da Treporti, a Burano, a Torcello; quindi con un verricello abbiamo tirato su il legname e poi, in una settimana di duro lavoro, abbiamo provveduto a rifare quattro capriate, che sostengono le campane, sistemando le giunzioni fra la trave da recupero e la trave antica riportata, così da consentire alla struttura di ammortizzare al meglio le vibrazioni delle campane».

Un lavoro coordinato dalla Sovrintendenza ed affidato alla azienda Pierobon di Belluno, che poi ha contattato De Pol proprio per avere la massima garanzia sulla qualità dell'opera in legno antico.

«Abbiamo tolto il legno marcio e non più utilizzabile e completato la ricostruzione. Tirato le altezze, le quote, i livelli, mettendo tutto a piombo, dopo aver isolato i pezzi che non andavano più bene».

Le travi erano lunghe anche sette metri, di dimensione 20 x 22 cm. Dapprima erano state smontate le campane, adagiate su un telaio di ferro sempre dentro al campanile.

Con Roberto De Pol hanno lavorato il suo collaboratore Lorenzo Piller ed i fratelli Mario e Francesco Fausti dell'omonima segheria che ha sede a Campo Piano di Vigo di Cadore. «In questo modo abbiamo messo in sicurezza le quattro capriate che sostengono le campane e la struttura portante dove poggiano le stesse capriate, ad un'altezza di circa 40 metri. E così la cella campanaria è stata riaperta al pubblico, con una vista splendida che, nelle giornate più terse, consente di allungare lo sguardo fino alle montagne del nostro Cadore». Ed ora il consolidamento del portico. «Roberto ci ha mandato un legno eccezionale – conferma l'arch. Paolo Tocchi – con lui siamo in una botte di ferro».

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