L'ultimo saluto a Matteo
In centinaia alla cerimonia civile per l'avvocato alpinista

BELLUNO.
«Grazie cari amici per le bellissime giornate che mi avete regalato». Matteo Fiori si era congedato così dai suoi amici a poche ore dall'ultima gita insieme. L'avvocato-alpinista sapeva che sarebbe stata la sua ultima uscita e lo sapevano anche i suoi compagni. «Eravamo preparati ma non pronti», ha affermato ieri Gianfilippo Leo, durante la cerimonia civile che si è tenuta al cimitero di Prade sotto un cielo plumbeo, dove centinaia di persone hanno voluto dirgli addio. Volontari, esponenti politici, colleghi, uomini di cultura, clienti, gente comune. Una umanità variegata e trasversale si è ritrovata per rendere omaggio a una figura "eclettica", forse unica nel suo genere. E questo al di là della retorica. Retorica che lo stesso Fiori non sopportava. Anzi. «Si indignava per le ingiustizie sociali», il ricordo dell' amico Flavio Zanonato, sindaco di Padova. Tutti ieri hanno tentato di definirlo, tracciarne il curriculum, consegnare l' uomo pubblico e privato, ma non è stata un'impresa facile. Matteo Fiori non era un soggetto convenzionale. A dimostrarlo i suoi ultimi quattro mesi di vita, da quando cioè gli era stato detto che la fine era imminente. E' in questo momento che Fiori anziché arrestarsi, preme sull'acceleratore della vita. Dà un senso a ogni minimo secondo: è un modo per ultimare il lavoro arretrato, ma anche una maniera per congedarsi dal mondo di rapporti che lui aveva conquistato con preparazione, cultura, ruvidezza. «Non aveva un carattere facile, ma sapeva comunicare sempre con grande rispetto», prosegue Zanonato, amico e compagno di partito, che rivela anche come Fiori fosse stato scelto per una luminosa carriera politica: «Rifiutò. Voleva stare tra le sue montagne». E di Fiori è stata sottolineata proprio quella passione civile che gli aveva permesso di occuparsi di mille cose: dirigente comunista, consigliere comunale e capogruppo a Belluno e Feltre, presidente del Soccorso alpino, componente del Cai e di una miriade di istituti e associazioni. Come filo conduttore la montagna e i suoi diritti spesso negati. «Ma era anche un grande professionista», ha sottolineato l'avvocato Livio Viel. A dimostrarlo la presenza in massa dei legali bellunesi. «Per noi un maestro», ha commentato l' amica Claudia Bettiol, in questi giorni molto vicina alla famiglia. «Era diventato un punto di riferimento per chi voleva vivere la montagna armoniosamente», il ricordo del giornalista Giuseppe Casagrande. A dimostrarlo l'ultima sua iniziativa che sarà presentata a Sappada l'8 dicembre prossimo, il progetto per la sicurezza MontagnAmica. Tra le tante passioni, quella del Soccorso alpino era la più grande. «Il 22 agosto del 2009, quando Falco precipitò su Rio Gere, eravamo insieme nella sua casa di Fornesighe», il racconto di Zanonato. «Si è messo a piangere ed è subito corso dalle persone che avevano bisogno di lui». Avvocato, alpinista, padre, marito, volontario, uomo di cultura, giurista. Anime che hanno trovato una loro coerenza tra le note dell'Internazionale e del Signore delle Cime, risuonate quando su Belluno stava per cominciare a piovere.
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